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Appennino borghi da riscoprire monte calvario relazioni Sport Climbing

via Alpinisti Ovini

Monte Calvario, 780m

(link approfondimento sul Calvario) 

Montefiorino (MO)


Sulle scoscese propaggini del monte Calvario, nei pressi di Montefiorino, nelle verdi colline della provincia modenese, una alpinista di lunga esperienza, piede fermo e delicato si muove con disinvoltura sia di giorno che di notte.
La si è solita vedere in ogni momento della settimana, non c’è festivo che tenga e durante i feriali pare diminuire la sua misantropia e sovente la si può scorgere da ancora più vicino.

Anche se scala in completa arrampicata libera, in solitaria slegata per la precisione, è alquanto refrattaria ad ogni complimento. Se vi dovesse udire, anzi, alzate le gambe in velocità perché forse il vostro deretano cercherà.

Ma al termine di una delle salite qui, quando vi starete chiedendo chi ve lo ha fatto fare di essere su un rottame così, potete stare sicuri che si girerà ed un compiaciuto accenno vi porgerà.
Tra capicordata ci si intende senza parole.
Ed in effetti anche ora, non vi serviranno.
I ricordi si imprimono su tavolette di argilla quando le emozioni ne scavano i solchi, così come si dissolvono nell’etere quando le parole si ammassano, senza cura per le stesse.

La pecora del Calvario al sole invernale.
La pecora del Calvario durante un ritorno all’imbrunire.

Apritori:

Difficoltà:

Obbligatorio:

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Sviluppo:

Quota:

Esposizione:

,

Ubicazione:

,

Tipo terreno:

,

Bellezza:


Accesso:

Da N:
Arrivare a Montefiorino (MO) e dirigersi verso Frassinoro sulla SP486R. All’altezza del caseificio di Casola scendere a SX sulla via Cerratello (fontana d’acqua poco dopo) e seguire la stretta strada passando la località Lago. Dopo poco più di 1 km P in grande spiazzo sulla dx, appena prima dell’ingresso nel parco. P qui (link)

Da S:
Da Piandelagotti o Pievepelago (MO) arrivare a Sassatella sulla SP486R e proseguire verso Montefiorino (MO). All’altezza della via Medola scendere a DX e seguire la strada passando la bella località omonima (ottima visione sul Parco delle Ofioliti e parete).
Dopo poco P in grande spiazzo sulla sx, appena dopo dell’ingresso nel parco. P qui (link)


Attacco:

Tramite la strada asfaltata dirigersi verso S e non appena un sentiero sale verso dx prenderlo fino ad un ampio anfiteatro di terriccio rosso. Prendere una flebile traccia che sale alla sx (ometto) ed inoltrarsi nel bosco con andamento orario a semicerchio, proprio sul ciglio dell’anfiteatro di cui prima (alcuni bolli rossi ed ometti).
Si sale per tracce verso N ed poco dopo un breve diedrino si punta ad una nera costola rocciosa, alla cui base della parete, una targhetta (foto) e 2 fix identificano l’attacco della via.
Tot: 10÷15 min dal P


Descrizione generale:

Via dal spiccato sapore alpinistico ed esplorativo che sale alla vetta del monte Calvario cercando le pareti con la roccia od estetica migliore.
Purtroppo la qualità e precarietà generale non consente di piazzare efficaci protezione veloci o tradizionali, con sufficienti margini di sicurezza, se non in sporadici casi. Si è reso quindi indispensabile l’adozione di spit-fix e resinati alle soste più delicate.
Anche se l’apertura è stata condotta tutta in artificiale dal basso (a parte l’ultimo tiro) la chiodatura presuppone esperienza alpinistica per gestire sia i run-out che i diversi allunghi di rinvio, resi necessari per scovare il piazzamento più ben sonante.

Nel complesso una salita esplorativa e discontinua che però permette qualche tiro di corda interessante ma soprattutto passare una mezza giornata in un contesto ambientale unico e severo, malgrado la quota e la lussureggiante flora.


Foto Parete :

Foto parete da E dalle miniere di Toggiano.
L2 + L3 + L4 visti dopo L1

Schizzo via:


Descrizione tiri:

L1 = 20m, 6a, S1 (11 fix):

Dalla targhetta alzarsi qualche metro verso sinistra su placca verticale con atletica arrampicata facilitata da qualche presa migliorata. Seguire la fessura a banana verso SX standone sotto e salendo alla sosta non appena è possibile. Sosta comoda su 2 fix con cordone.

Trasferimento 1 = 50m:

Traversare a dx (1 fix) e rimontare sulla cresta invertendo il senso fino ad un albero ove recuperare il compagno/i. Attraversare il canale detritico e portarsi nell’altra parete nera alla base di un diedro, qualche metro a dx di una evidente vena bianca, in una nicchia con 1 fix.

L2 = 30m, 6a, S2 (9 fix ):

Dalla sosta (1 fix) alzarsi a sx per un friabile pilastrino (utile friend #1) e poi per placca fino ad un comodo terrazzino. Da qui con determinazione vincere la nera placca sovrastante usando una bella fessura a sx per degli inconsueti incastri di dita (utile friend #0.5 o #0.75). Appena sopra le difficoltà calano e si rinvia una insolita clessidra se si ha un cordino appresso. Ancora per fessura fino ad un ristabilimento su detrito e sosta su pianta con cordoni e maillon.

Trasferimento 2 = 25m:

Traversare a sx puntando alla base del caratteristico gendarme roccioso con orecchia. Sosta su 1 fix alla base dell’orecchia (tenersi un poco lunghi sulla sosta in modo da spostarsi dentro all’orecchia al bisogno 😉

L3 = 20m, 6a, S1 (9 fix ):

Alzarsi verticalmente alla sosta aiutandosi in sostituzione sull’orecchia o con più difficoltà in placca a sx (attenzione a quello che si scarica che finisce in sosta sotto). Ad un certo punto si deve andare in piena placca sotto ad un breve strapiombino che si vince leggermente a sx, usando una rovescia in una rientranza e con buoni appigli netti ma di difficile lettura (2m di 6a). Sopra il terreno diviene elementare ma terroso (1 fissa), quindi si esce sulla dx su cresta esposta fino ad un albero con catena di sosta.

(Il tiro originale traversava a sx ed entrava nel diedro camino che si forma tra i due gendarmi rocciosi. Questo tiro è sconsigliato per via della pessima qualità della roccia.)

Trasferimento 3 = 40m:

Traversare per tracce di sentiero puntando alla forcella che si forma tra la cima principale e la cresta ove poggiamo i piedi. Allestire sosta nei pressi della forcella su 2 resinati, oppure se si vuole interrompere la scalata uscire per sentiero attrezzato sulla dx e che conduce alla croce in vetta (5 min).

L4 = 40m, III 1, p.sso 5a, S1 (8 fix + 6 resinati ):

Salire su terreno facile ma detritico alla base del tetto a banana con andamento verso sx. Traversare poi per cengia accennata su detrito, erba e terra fino a doppiare lo spigolo con un passo delicato (5a). Ora per roccia delicata seguire i resinati fino ad una nicchia alla base di un pilastrino (se tirano le corde possibilità di allestire una sosta intermedia su 1 resinato + 1 friend #2 in buco).
Salire il pilastrino e poi per terreno più facile traversare sotto lo strapiombo della cima fino alla sosta inox omologata (libro di via).

Tiro facile ed alpinistico che regala una bella visione dei pillows, vene di quarzo e formazioni magmatiche però si svolge su pessima roccia lasciata intenzionalmente poco ripulita per dare modo ai ripetitori di “intuire” il terreno di gioco di chi apre le vie.


Discesa:

  • Dalla cima le difficoltà sono finite e si può scendere per sentiero fino all’eremo e da li si imbocca sulla sx la traccia che scende per il “parco delle ofioliti” fino al greto di un torrente. Ora in breve si è sul ponticello di legno e si sbuca sulla strada asfaltata e quindi al P.
    Tot: 15/20 min
  • discesa in doppia sconsigliata ma attrezzata e possibile da S1, S2 ed S3. Dopo risulta alquanto laboriosa e comunque è molto più agevole e veloce uscire in vetta usando, nel caso, la traccia per bosco a dx dell’ultimo tiro.

GPS:

Powered by Wikiloc

Note:

  • Malgrado la fitta spittatura e l’opera di pulizia sui primi 3 tiri la salita riserva comunque un certo “ingaggio psicologico” soprattutto per chi non è abituato a muoversi su terreni friabili.
    Il tatto e sensibilità che si può maturare su queste rocce vi sarà però di prezioso ausilio su ben altre strutture e gruppi montuosi 😉
  • utili ma non indispensabili qualche friends medio grande #1, #2 ed un cordino per integrare ove possibile.
  • roccia “indimenticabile” e spazi aperti contestualizzano questa salita destinata ad alpinisti “classici” che prediligono l’assoluta tranquillità ed isolamento rispetto ad itinerari più divertenti ma inflazionati
  • Terzo tempo a Montefiorino in uno dei due bar, uno con bella visuale sul Cusna l’altro sul Cimone, a voi la scelta.
  • Il nome pare derivi da un voluto doppio senso che mette in discussione la poca curiosità e fantasia dei moderni alpinisti, tutti intenti a mettersi in coda agli attacchi delle vie più blasonate o di moda sui social, ma completamente ignoranti delle infinite possibilità che la fantasia ed un sano spirito esplorativo, possono portare nella loro vita.

Bibliografia:


Meteo:

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Brentino Castel Presina relazioni rock climbing Sport Climbing val d'Adige

Piove governo ladro

Castel Presina

Monte Cimo – Brentino (VR)

Altra linea del prolifico Gigi Pinamonte a cui c’è da rendere merito di confezionare sempre itinerari plaisir per noi “alpinisti della domenica” con quella spittatura generosa che consente calde salite, senza stress, pure nell’inverno della val d’Adige.
Fra le sue aperture una delle più belle, almeno per me. I primi 5 tiri sono uno più bello dell’altro ed anche se la linea è corta alla fine ne esce una soddisfacente mezza giornata.


Apritori:

Difficoltà:

Obbligatorio:

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Sviluppo:

Quota:

Esposizione:

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Ubicazione:

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Tipo terreno:

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Bellezza:


Accesso:

Uscita Affi seguire le indicazioni per Verona-Trento-Valpolicella. Passato il cavalcavia Rivoli, Caprino Veronese e successivamente per Spiazzi. Prima di raggiungere la frazione si nota sulla destra il ristorante “La Baita” e subito dopo una strada in discesa con indicazioni per Ca’ Scala, Broieschi, Porcino. Solitamente si seguiva la strada per circa 1 km fino a che sul lato sinistro della strada si individuava un piccolo slargo e si parcheggiava qui (link) ma sono stati segnalati numerosi furti.

Ora conviene lasciare le auto sulla strada principale appena dopo “La Baita” link al P (! Lasciare liberi gli accessi e pensare ad anche gli altri climber)

Quindi scendere per la strada in direzione SUD per circa 600 m fino a che, dopo le recinzioni, sul lato sinistro si intravede una traccia che sale nel bosco. Costeggiare per un po’ la strada poi scendere per il sentiero nella boscaglia che perde velocemente quota in direzione E-SE.
In breve si arriva ad un bivio con palina CAI in legno. Qui andare a sinistra (N) imboccando un marcato sentiero con bella vista sulla val d’Adige e dopo poco sulla solare parete di Castelpresina.

la solare parete di Castelpresina dal sentiero di accesso

Con breve discesa su placche si raggiunge la base della parete.
Passare tutta la zona degli strapiombi e risalire, poi quando il sentiero si abbassa proseguire ignorando gli attacchi di Ciao Sic, Prosciutto Cotto di Parma, Instabilità Emotiva, ecc..
La nostra parte 5m a sx di Evitando el Frio, alla base di un vago diedro appoggiato.
Attacco con scritta.

Total distance: 1955 m
Max elevation: 684 m
Min elevation: 520 m
Total climbing: 210 m
Total descent: -267 m
Total time: 00:40:56
Download file: Accesso-CastelPresina_gpx _2020-10-29_0926-corretto.gpx

Schizzo:


Descrizione dei tiri

(dagli amici www.sassbaloss.com):

L1:
su dritti per il muro, con prese piccole o un po’ stondate, sino una rientranza della parete. Salire pochi metri il diedro e uscire a destra raggiungendo il pulpito sul quale si sosta (2 fix+catena+anello calata).
35 m. 6a+ oppure 6a e A0, 5c, 14 fix.

L2:
alzarsi fino un minuscolo tettino. Spostarsi alla sua destra e proseguire in placca fino un secondo tettino. Superarlo direttamente e sostare appena sopra (2 fix+catena+anello calata).
15 m. 5c, 6b oppure A0, 5a, 7 fix.

L3:
alzarsi sulla placca con piccole fessure fino alla roccia gialla. Qui spostarsi decisamente a sinistra e poi riprendere a salire su placca lavorata. La sosta (3 fix+catena) si trova alla base del diedro giallo che sale obliquo verso destra.
35 m. 6a, 10 fix, 1 clessidra con cordone.

L4:
seguire il diedro fino al suo termine. Superare ora il muro aggettante fino a quando si appoggia leggermente. Tendere leggermente a sinistra raggiungendo la sosta (3 fix+catena+maglia rapida, sosta a pochi metri da Instabilità Emotive).
30 m. 5a, 6b oppure A0, 5b, 16 fix, 1 gruppetto di clessidre con cordone e anello di calata.

L5:
non salire dritti sopra la sosta ma obliquare a destra fino uno strapiombino. Superarlo e continuare sulla placca tecnica con minuscole gocce fin sotto un tettino con lama rovescia. Spostarsi a destra e alzarsi sfruttando delle prese nascoste sulla destra. Ritornare 2 metri a sinistra e sostare (3 fix+catena) su esposto pulpito.
25 m. 6a, 6b+ oppure A0, 6a, 10/11 fix.

L6:
Alzarsi pochi metri sulla sinistra (! friabile) e raggiungere la penultima sosta di Instabilità Emotive. Passando alla sua sinistra si prende l’uscita di Instabilità emotive su roccia migliore e con qualche fix di protezione
20 m. III, 1 p.sso 4c, 5 fix.


Compagni:

Ivan de Iesu


Discesa:

  • Usciti dalla via riprendere evidenti tracce di sentiero che prima salgono verso NW ed intercettano il sentiero per la Sgrenza e poi si abbassano (targhette metalliche S4) fino al greto di un ruscello, per poi risalire verso S riportando al P sulla strada per Porcino.
    TOT: 20/25 min
  • Usciti dalla via riprendere evidenti tracce di sentiero che prima salgono verso NW ed intercettano il sentiero per la Sgrenza, non abbassarsi ma stare alti ed una traccia ad W su calcare bianco (ometti) che in breve porta ad un grosso castagno proprio al centro del tornante dove si è P.
    ! Attenzione: anni fa questo accesso era stato vietato per disguidi con il proprietario del fondo.
    TOT: 5/10 min

Note:

  • Tra le “facili” una delle più belle.
  • Soste e piastrine artigianali, prese cementate, vicinanza a pochi metri da altre linee. Lasciate al parcheggio il rigore alpinistico e così godrete di una bella giornata in parete senza assilli e stress. Che è poi il motivo per cui siete qua e non sulla ovest del Civetta 😉


Meteo:

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Altre vie nei dintorni:

Castel Presina val d'Adige 46 46

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relazioni rock climbing Sport Climbing Valle del Sarca

Gufetto

via del Gufetto

parete dell’Ir
500 m circa – valle del Sarca (TN)

Parete solare e vietta ottima per il periodo invernale.


Apritori:

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Difficoltà:

Obbligatorio:

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Sviluppo:

Quota:

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Esposizione:

Ubicazione:

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Tipo terreno:

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Bellezza:



Accesso:

Prima di Arco svoltare a dx per Bolognano. Seguire qualche tornante e poi P qui (maps link) Pochi posti auto e stare attenti a non invadere la carreggiata e lasciare posto ad altri climber.


Schizzo:

© www.bergsteigen.com

Discesa:

  • si esce dalla via e pochi metri a sx più in alto si intercetta una traccia che traversa verso W e poi scende riportandosi sul sentiero che divide le due parti e quindi in breve a ritroso si torna al P.
    Tot: 20/30 min

Note:

  • via plaisir ma che richiede comunque il sapersi muovere e proteggere sul V.
  • Si possono concatenare anche altre vie superiori nella parete del Pezol, che rimane 5 min ad W.

Ripetizione:

compagni: Alberto Gasparini, Johnathan Lami, Anna Tusini.


Cartina:


GPS:

Total distance: 1487 m
Max elevation: 500 m
Min elevation: 383 m
Total climbing: 161 m
Total descent: -180 m
Total time: 03:17:57
Download file: via-del-gufetto-parete-dell-ir-track.gpx

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Racconti di Montagna

Il socio

Uno degli aspetti che mi piace meno del moderno alpinismo è la ricerca spasmodica del “socio”.
Magari anche solo per un fine settimana od una singola “via” che è rimasta fuori dalla collezione. Non importa chi c’è, fondamentale è andare, meno importante con chi, ma il socio serve.

Proprio non mi riesce a tollerare quel termine, prettamente utilitaristico, opportunista e legato al compimento dell’impresa, più che alla natura e legami tra i soci.

Una parola che già sottintende la profusione degli sforzi per il raggiungimento della meta e non pone attenzione e cura per il percorso; per l’esperienza che diverrà presto vissuto, che sarà come un abito caldo del nostro ricordo. Ed in quel ricordo ci legherà vicendevolmente con la persona tanto che, passati anni, della cima o via poco rimarrà ma di quell’incanto, della cordata, quasi tutto.

Oggi cercavo foto. Distrattamente ho letto ciò. Mi è tornato in mente perchè andavo per monti.
Mi motiva per andarci ancora.

Giorgio Bertone sotto a El Capitan, Yosemite, USA

El Capitan, novembre 1973:

«Grazie all’interessamento di Giorgio, ero andato con lui negli Stati Uniti al termine della stagione estiva qui a Courmayeur. Per prima cosa siamo stati un po’ di tempo nella Monument Valley, quella dei films western, con gli indiani che inseguono le diligenze e poi arrivano i nostri, a scalare pareti e pinnacoli di 100 e anche 200 metri, diritti come il filo a piombo».

«Un’esperienza bellissima, così diversa da quanto avevo fatto o visto sino ad allora: c’erano gli indiani che ci guardavano come si guardano i matti. Sai, allora i freeclimbers, quegli acrobati che in costume da bagno e scarpette da ginnastica van su dappertutto come i ragni, erano ancora rari, e noi facevamo tutto in modo classico, con scarponi, chiodi, staffe e corde».

«Poi, di là, siamo andati in California, nel parco dello Yosemite, per fare il famoso El Capitan, una parete a spigolo di 1000 metri, dritta come un fuso, una montagna ché non è una montagna. È solo una grande bellissima parete che comincia di colpo a cento metri dalla strada asfaltata per le macchine dei turisti del parco, e finisce su un altopiano, per cui quando esci in cima puoi passeggiare con le mani in tasca in un bel bosco di pini. Noi eravamo i primi italiani che andavano a tentarla».

«Per farla breve siamo stati su quella parete per 6 giorni e 6 notti, e l’ultima notte per colpa mia, o quasi. Tieni presente che era il ’73, e che noi abbiamo affrontato la scalata per la via del Naso, la più diretta, con i metodi di allora, carichi di attrezzature come dei muli, con l’enorme sacco da recuperare ad ogni tiro di corda, e che era novembre, non c’era più nessuno in giro e le giornate erano ormai decisamente corte».

«Insomma alla fine del sesto giorno di arrampicata, e dopo 5 bivacchi in parete, oramai esausti e affamati, Giorgio riuscì ad uscire in cima, proprio mentre si scatenava un temporale coi fiocchi, acqua a catinelle e fulmini tutt’intorno».

«lo ero 40 metri sotto, col saccone, e lui mi incitava a fare in fretta, che era uscito,era finita, che ce l’avevamo fatta. E in quel momento mi venne un attacco di paura, in quel finimondo di acqua e lampi, con quei mille metri di vuoto sotto i piedi, ecco, non mi riusciva più di muovere un dito. E sopra, Giorgio mi urlava improperi, mi incitava a muovermi. Allora gli urlai di andare, di lasciarmi lì perché non ce la facevo a muovermi fra acqua, corde bagnate e incastrate, con quella paura irrazionale che mi bloccava».

Renzino Cosson in un traverso del Nose © photo Giorgio Bertone

«Per un po’ non lo sentii più, c’era solo la pioggia che mi inondava dalla testa ai piedi, pensai che se ne era andato e mi sentii miserabile, era ormai buio fitto e mi aspettava la sesta notte in parete. Poi sentii un rumore sopra di me, e dopo poco Giorgio era al mio fianco. Era ridisceso per quei dannati ultimi quaranta metri per venire a passare la notte con me e non lasciarmi solo!».

«Quando lo vidi ben appeso ai chiodi gli dissi: “Bel compagno ti sei scelto”, e lui mi rispose:

“Bôcia, di compagni posso trovarne tanti, di amici no. “

da Monte Bianco e Dintorni, Renzino Cosson, Priuli e Verlucca, 1983.