Scivolo Nord della Presanella
Vermiglio (TN)
Questa volta è stata diversa.
Solitamente scelgo le montagne da salire per la loro linea estetica, per i panorami che immagino sapranno schiudersi una volta arrivati in cima, per la cima, per tutto ciò che sta sotto la cima, ma questa volta no. A ben pensarci è la mia prima escursione dettata dall’esigenza pressante di fuggire dalla tecnologia ma che, per uno strano paradosso, è stata diligentemente e schematicamente guidata da essa.
Ormai da troppi mesi sublimava in me il desiderio di alta montagna e riconciliazione con quell’aria sottile e sensazione di testa leggera che, mi riesce sempre a pervadere quando sono immerso tra le montagne. Questa volta quel magico ambiente era stato studiato, ammirato e rimirato a tavolino da mesi, anzi da anni.
La colpa di tutto questo è solo della tecnologia e si può riassumere in poche lettere apparentemente innocue WEB cam PresanellaChi avessi il coraggio di scriverle sul proprio computer come l’ho fatto io in una giornata di plumbeo novembre, si accorgerebbe che dal suo innocente monitor, dalla sua comoda poltrona ma soprattutto dalla sua piatta scrivania, in un decimo di secondo si innalza una poderosa e, se siete fortunati, sgargiantemente e sfacciatamente soleggiata parete Nord, che incanta e strega.
La vetta è di quelle importanti, si tratta della Presanella, la più alta di tutto il Trentino, l’Adamello vi deve star soggiogato anche se di meno di venti metri. Lei più acuminata e meno vasta gli presta il versante sud e spesso incrociano gli sguardi in giornate terse.
Ma quello che vi voglio raccontare è come mai, un francobollo di silicio riesca a catturare parte di questa bellezza e la restituisca in un quadretto glaciale, dove la cima Vermiglio ne completa la perfezione.
Lo ammetto, ho osservato quel gruppo e quelle montagne colpevolmente quasi solo in questo modo. Tramite un link, ad un indirizzo IP, che esegue il download, di un file jpeg, dalla ram di una cpu, alla ram della mia cpu. Se mi fermo un attimo a riflettere su cosa stia facendo per vivere mi accorgo che sono ormai ad uso e consumo, diverse ore al giorno, di una macchina sbroglia elettroni ed allora perché mai non la posso usare anche per dare forma e sostanza alla mia passione, fatta di sudore e respiri, di passi e di sospensioni.Ecco che siamo davanti alla Presanella, un giorno di fine giugno, la visione ripaga l’attesa e prima che me ne accorgo sento l’esigenza di emulare quel francobollo nella web cam e metterci ora in mezzo quel francobollo di silicio un pò più evoluto rappresentato dalla mia macchina fotografica. Da lì in poi mi riprometto di lasciare a valle la mia sudditanza tecnologica e riconciliarmi con la sola natura, ma so già fallirò.
Ma forse avevo ragione, questa volta è stata diversa.
Summary
Apritori:
Difficoltà:
Obbligatorio:
Sviluppo:
Quota:
Esposizione:
Ubicazione:
Tipo terreno:
Bellezza:
Relazione salita:
Presanella Parete N
Primi salitori: via dello Scivolo R. Grandi e R. Crugnola nel 19491
Dislivello: 500m
Inclinazione max: 45° (55° gli ultimi 150m)
Difficolta: salita AD+ in buone condizioni, discesa PD-
Punti di appoggio: rif.Denza 2298m, tel 0463 758187, ottimo gestore Mirco Dezulan (Guida Alpina)
Quota massima / Dislivello:
3554m
+400m +1200m – 1600m
Accesso:
Dall’abitato di Vermiglio (TN), sulla statale per il Passo del Tonale, si stacca una strada con indicazioni per baita Velon e ex Forte Pozzi Alti. Prima asfaltata, poi sterrata, la carrareccia sale con numerosi tornanti per 20-30min fino al Rudere del Forte Pozzi Alti della Presanella a 1880 m, dove si parcheggia. Consiglio di salire con una macchina piccola perché la strada in alcuni punti è davvero stretta. Poco prima del parcheggio, parte sulla sinistra il comodo sentiero 206 che conduce al Rifugio Stavel “F.Denza” 2298m in circa 1 ora.
Salita:
Dal rifugio si prosegue su tracce del sentiero 206 per morena e nevai fino alla vedretta sotto la
parete nord, dove si devia decisamente verso S puntando quasi direttamente allo scivolo, prima scendendo di qualche metro poi salendo su costante pendio (occhio ai crepacci).
La vedretta sale ripida fino a raggiungere la crepaccia terminale dove inizia la via vera e propria (q. 3100 m circa – ore 3 ).
Si supera la crepaccia terminale (per noi il tratto chiave) e si sale nell’ ampio canale che nei primi 250 metri di dislivello ha una pendenza di 45° stando a DX o SX lontano dai rigoli e cercando la neve migliore. Nei successivi 150 metri la pendenza arriva a 55° per poi abbassarsi di nuovo nell’ ultimo tratto.
Di solito in prossimità della vetta si tiene la DX e quindi si prova l’emozione di sbucare proprio nei pressi della croce di vetta (q. 3558 m – ore da 2 a 5 a seconda condizioni e tipo di progressione).
Discesa:
Dalla vetta si scende per la normale e quindi si prende la cresta W puntando a delle roccette delicate fino al termine e poi ancora per cresta e traversi sulla conca glaciale (attenzione alle cornici) stando sui 3350m circa. Si attraversa la conca praticamente in falsopiano fino ad arrivare sotto lo stretto intaglio della sella Freshfield (q. 3375 m) che si raggiunge salendo alcune rocce (passi di II) con fune metallica di ausilio. Attenzione in caso di scarsa visibilità o mancanza traccia è facile perdere questa sella e dirigersi verso il monte Gabbiolo ed altra valle. Dalla sella a seconda dell’innevamento si scende traversando il ripido pendio sottostante puntando in direzione NW verso il passo Cercen (problemi in caso di nebbia). Si lascia sulla destra una grossa seraccata e si continua fino al termine della vedretta ed in seguito al rifugio o per il 206 più roccioso o il 234 di solito più innevato (ore 3-4). Da qui al parcheggio (ore 0,45).
Come ci è andata:
25-06-2009:
Il sentiero 206 che da Pozzi Alti porta al rifugio Denza è molto spettacolare ed incastonato nella natura. Tra lamine di granito si deve attraversare: dapprima una galleria (utile frontale per non scornare), poi un ponte, una lastra di neve con ruscello e voragini annesse, una cascata con tettoia in ferro ed alla fine risalire buona parte del sentiero che ha più le sembianze di un ruscello. Imputo le condizioni di innevamento eccezionali motivo di ciò, ma questa ora sarà uno dei più bei ricordi che mi porterò a valle.
Il rifugio è eccellente nell’accoglienza, sarà che eravamo solo io e Paolo insieme al gestore e famiglia ma raramente mi sono sentito così accolto ed in armonia. La pulizia e regole chiare sono imperativi ed uniti alla professionalità e disponibilità del giovane gestore Mirco, diventano un valore aggiunto di un rifugio che si stacca dalla media e non poco.
Il pomeriggio è passato veloce, la nostra puntatina alla palestra Passo dei Pozzi si è rivelata bagnata e condita da numerosi tuoni, peccato perché le vie sono attrezzate ottimamente a spit fix ravvicinati e la roccia sembra ottima.
La vicinanza del ghiacciaio, la palestra, il rifugio e non per ultimo l’ambiente ne fanno, secondo me, un ottimo punto di arrivo di un corso A1.
La serata ha visto numerosi cordini penzolare dalle travi a parancare qualche tavolo, Mirco si è subito appassionato alle nostre diatribe e ci ha illuminato dall’alto della sua esperienza di guida e soccorso alpino. Alle 23 si è spenta la luce in camera, purtroppo anche la luna.
26-06-2009:
- ore 3.00
Sveglia. Dai termos esce the caldo, un timido pezzo di pane ne prende il colore, i ramponi li mettiamo dopo, fa caldo, il cielo è terso, l’alba non lontana, la cima un po’ di più. - Ore 7.00
siamo sotto alla crepaccia terminale, sudati, prendiamo fiato, provo a sinistra, a destra, la neve cede, dai rigoli qualche sasso, Paolo dice occorre procedere, affondo le 2 picche, traziono ma non troppo, sono sopra. Ora tocca a Paolo, sarà per lui più difficile, la neve è marcia ed il passaggio ancora più aperto, mi puntello bene sui piedi, si la corda sale la spalla ed entra nel moschettone, puoi partire !, speriamo non tiri troppo, sta tirando, faccio leva col casco sulla parete, la neve è ancora più bianca così vicino, Paolo è già davanti a me, si inizia.
Caldo, affondo nella neve, non c’è traccia eppure è così logica, ogni due passi uno scivola un poco, speriamo migliori sopra. Sopra non migliora, Paolo non mi sento sicuro, metti giù una vite, poi la metterò giù anche io.
Bella … ma sol che finisca.
Ho finito le viti, tolgo lo zaino Paolo, allungo la conserva ed arrivo in vetta, spero. Non vedo la croce. Vai tu Paolo ti faccio sicura a spalla, ma sarà sicura? - Ore 12.00
Paolo è in vetta, io pure, ci abbracciamo. - Ore 12.05
Non sapevamo il più doveva ancora arrivare.
Cambia la meteo, temporali all’orizzonte, siamo in mezzo alle nubi. Estrai bussola e carta, azimut alla sella Freshfield, setta la quota con la vetta, puntiamo, ecco dove dobbiamo passare, memorizza il punto, memorizza la quota, ri memorizza il punto, nubi ci avvolgono. Non mi ricordo già più. - Ore 13.00
scendiamo su neve immacolata, penso ci vorrebbero le ciaspole, Paolo dice ci vorrebbero le ciaspole, affondiamo sui traversi che non si dovevano fare, lo zoccolo è grande, la piccozza risuona forte nella conca glaciale, la dovevo usare più spesso, scivolo alcune volte ma mi fermo. Guardiamo la quota, la vetta non si vede più, non possiamo triangolare, non so dove siamo ma siamo vicini, Paolo vede qualcosa ma proseguiamo. - Ore 14.00
Una cresta nevosa alla nostra destra, andiamo in cresta, il ghiacciaio si dovrà vedere ed anche la sella! Paolo batte eroicamente traccia, un ennesimo buco lo inghiotte fino allo zaino appena prima di vedere aldilà. Siamo in cresta, si vede un ometto, dalla cima non ci si era più incontrati. Dai che ci siamo ! Oh guarda là giù ce ne sono di maestosi, sarà quella la sella, ne vedo 5 sui lati di una piattaforma di granito, scendiamo e ci siamo. Siamo sulla piattaforma, lo sconforto ci assale, intorno a noi solo il vuoto ed il baratro, la valle sotto dista centinaia di metri, si vede un rifugio ma non è il nostro, dove siamo finiti, dove abbiamo sbagliato? In quel momento tutta la pioggia e neve che avevamo preso prima ha fatto gravare il suo peso, le gambe immobilizzate dalla stanchezza, la vista che non trovava soluzione di discesa in ogni parte dove spaziava, dopo poco solo le nubi intorno ovattavano la nostra solitudine. Non mi vergogno, ho preso in mano il telefono e se avesse preso avremmo cercato la scappatoia. Qui l’emozione più grande di tutta l’escursione, trovare in se ancora la forza e determinazione di accettare di aver sbagliato, di aver sottovalutato una normale via normale, l’umiltà di tornare sui propri passi consci dell’errore ma non della soluzione. L’aver “fatto” la Nord non ci ha resi più grandi, l’aver perso la normale al ritorno forse il contrario. A casa scoprirò che eravamo sbucati sulla val di Genova sui gendarmi del monte Botteri. - Ore 15.30
Siamo sulla sella giusta, il cavo metallico aiuta, non si vedono crepi, mi tolgo i ramponi per farmi scivolare sulla vedretta, non è una buona idea ma sono troppo stanco per delle buone idee, Paolo dopo poco mi segue. - Ore 18.30
Siamo al rifugio, ancora da soli. Più di 14 ore che camminiamo senza incontrare nessuno, se non fosse che siamo così stanchi mi stupirei di come un posto così bello non sia frequentato.
Anche per questo oggi, mi ritengo fortunato.
“Questa volta è stata diversa”
Schizzo via:
PDF:
Cartina:
Note:
- Per molti, come pure per me, è stata la prima N.
Legare il battesimo di questa attività a questa montagna è un ricordo che un alpinista si porterà seco per molto tempo.
Salita del del 26/06/2009
compagno: Paolo Dante Gatti
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