Gran bella intuizione dell’immenso quanto modesto Sergio Martini, la roccia è per tre tiri molto buona, nel secondo addirittura migliore di alcune blasonate classiche dolomitiche. Chiodatura distanziata e da integrare, soste da controllare e tiri lunghi ne fanno una piccola perla ed unicum d’arrampicata nelle Piccole. Se fosse più lunga ed in altri luoghi ci sarebbe la fila, qui sarete quasi sicuramente soli e per fortuna.
Accesso:
Parcheggiare al Rifugio Campogrosso o vicino la sbarra dopo la malga omonima, imboccare il sentiero del Re e passare in rassegna il Baffelan, Primo e Terzo Apostolo. Dopo poco imboccare il sentiero 175A Bruno Peruffo (ex: sentiero della Loffa ) e dopo aver oltrepassato il Boale degli Onari ed ormai in vista e sotto la caratteristica forma a molare della parete S dell’Emmele, lasciare il sentiero (ometto) per salire su tracce (bolli rossi) il bordo sx del vajo del Dente Rotto che in breve adduce alla base della parete. (45′ / 1h dal Rifugio Campogrosso)
N.D.A. utili cordini in kevlar per alcune “timide” clessidre, martello non indispensabile ma utile per verificare alcuni chiodi di sosta.
Ripetizione del 22/10/2017
compagno: Ivan de Iesu
Cordata amici: Davide C., Tommaso F.
Schizzo:
Discesa:
discesa per tracce verso N, NW e poi in breve si giunge alla sella dell’Emmele, 1675m da li seguire le indicazioni per ritornare a ritroso al luogo di partenza ( rif.Campogrosso o Malga Cornetto)
2 doppie in parete SW, la prima dal mugo a sx della penultima sosta. Soluzione tipicamente invernale / primaverile (non sperimentato)
Note:
linea di classe e roccia magnifica, sul secondo tiro pare essere in Moiazza. Malgrado la brevità la via risulta impegnativa ed alpinistica. Alcune soste da integrare e/o controllare.
Si era partiti con l’idea di concatenare con “Un posto al Sole” ma poi il tardo orario di partenza ci ha fatto desistere. Avremmo sicuramente fatto buio visto le quasi 4h impiegate per questa sola via.
I Nani Caboldi sembrano essere gli abitanti silenziosi ed invisibili di queste pieghe rocciose a picco sulla Valsugana. La loro statura non deve farvi sorridere, noi l’abbiamo fatto e la prima volta siamo tornati indietro mesti non trovando l’accesso del loro regno. Questa seconda è andata meglio, ma loro ancora furenti hanno cercato in tutti i modi di farci desistere dai nostri intenti. Troppo affascinante il loro reame, fatto di ghiaccio, rocce rossastre, vegetazione convulsa e sole, tanto magnifico ed appagante sole. Ne consiglio la frequentazione, ma non commettete i nostri errori. Andateci con piede leggero, spirito alto e buone condizioni fisiche. I Nanetti sapranno mettervi alle strette. Ve lo assicuro.
Buona salita.
Accesso:
SS47 Valsugana, raggiungere Villa Agnedo e poi il paesino di Ivano Fracena (celebre per l’antico e maestoso castello del XII sec.).Si tiene indicazione per S.Vendemiano e si P a circa 480m di quota alla fine della strada dopo un ponticello il cui ampio greto sembra raccogliere l’acqua della nostra cascata. Poi per bosco e pietraia ripidi si punta alla cascata. Faticoso. 1.5 h
Altro accesso è dall’alto, dal rif. Lefre e poi dai Prati di Florian. Ad un ponticello si scende sul greto e poi calate in doppia od un canale di discesa sulla dx orografica della cascata, quello che di solito si fa alla fine. Il nostro primo tentativo l’abbiamo svolto così ma senza successo. 1 h
Quota / Probabilità formazione:
Quota partenza: 480 m
Quota di attacco: 1050 m
Probabilità di formazione solo pochi mesi anno **
Relazione salita:
L1:
60 m
WI 4+
primi 30 m a 70°, poi 15 m a 85° e 15 m a 80°, SG
L2:
60 m
WI 3
primi 15 m a 80°, poi 40 m a 60°, SG (! sosta esposta a caduta di ghiaccio e sassi)
L3:
40 m
WI 3+
primi 25 m a 60°, poi 15 m a 80°, SG (! sosta esposta a caduta di ghiaccio e sassi)
L4:
30 m
WI 4
primi 20 m a 80-85° su ghiaccio delicato, poi 10 m spostamento, SG
L5:
30 m
WI 3
salto di 20 m a 70-75°, poi 10 m di spostamento, SG
Traccia di sentiero che attraversa in destra idrografica e poi scende per canale passando in prossimità della base della cascata, poi bosco arbustato denso e ripido (ore 1.30)
Salire fino al sentiero per i Prati di Florian e poi il rif. Lefre (se si ha compiuto l’accesso dall’alto)
Direi un ottimo modo per unire alcuni facili metri di cascata con una ancora più facile salita ad una cima alquanto panoramica, il corno Bianco.
Si parte dal Butterloch, spettacolare canyon dagli scorci unici tanto in estate quanto in inverno, e poi percorrendo il ghiacciato greto del fiume Bletterbach si risale al comodo sentiero che porta in vetta al Corno Bianco (Weisshorn) posta a 2313 m e da cui si gode la panoramica balconata a 360°.
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Primi salitori: V.W. von Glanvell e K.G. von Saar il 17 settembre 1902 ma solo grazie alle precise indicazioni di
Può succedere che la meta di un viaggio divenga il pretesto per vivere un’esperienza senza la quale non si sarebbe svolta. Come può succedere che una cima una volta calpestata non trasmetta quel senso di compimento agognato ma ci si accorga che era quasi superflua rispetto ai passi compiuti per conquistarla. Così si può andare in Val Montanaia per cercare di scalare quell’ “Urlo pietrificato di un dannato” che da più di un secolo è un simbolo dell’alpinismo e trovarsi appagati ed in pace con se stessi ancor prima di metter mano al primo appiglio.
Gli ingredienti c’erano tutti si intende: la notte tiepida e calma dei primi di settembre, un anfiteatro di roccia divenuta sanguinea al tramonto e che in pochi minuti ha virato verso un bianco lunare, un bivacco accogliente e fresco di ristrutturazione, un pentolino di fagioli fumanti, un fuoco che ha preso vita quasi per miracolo da un solo piccolo tovagliolo di carta, la compagnia di un amico fidato, le stelle e la luna che hanno fatto dimenticare le frontali, le nubi basse ai nostri piedi che facevano da tappo al vociare inutile della pianura, la totale assenza di suoni.
Con queste premesse lo spirito si innalza, il tetto del bivacco è ormai un ricordo e presto te lo senti lassù già di fianco alla campana, lui però ben si guarda dal muoverla per non rovinare quel momento.
Di quel momento non so se di magia sia stato plasmato ma so solo che
non l’avrei barattato per nessuna cima al mondo.
Nicola B. dopo il bivacco.
Un po’ di storia
Sulla vetta si trova una campana di bronzoche fu portata in cima il 19 settembre 1926 da 22 alpinisti veneti. La campana reca inciso il motto “Audentis resonant per me loca muta triumpho” (a trionfo di chi osa, luoghi silenziosi per merito mio risuonano).
Molte le definizioni per descrivere la sua arditezza: “La pietrificazione dell’urlo di un dannato” (Compton), “Il monte più illogico” (Cozzi), “Il Santuario delle Alpi clautane” (Hubel).
che avevano superato dieci giorni prima il tratto più difficile dell’ascensione, la famosa “fessura Cozzi”
ora gradata V ma si erano poi dovuti arrendere di fronte agli insuperabili strapiombi siccome non erano riusciti ad intuire il minuto ma facile traverso
È una guglia di bellezza spettacolare e selvaggia, alta quasi 300 metri e con una base di 60 metri. Si staglia contro il cielo al centro della valle, in una posizione considerata unica al mondo perché nettamente separata dalle vicine guglie dolomitiche costituenti un perfetto anfiteatro naturale. La roccia in via è ormai solida siccome ripulita dalle migliaia di ripetizioni ma comunque occorre prestare attenzione a non andare fuori via o muovere sassi soprattutto nelle doppie, siccome non sarete i soli lungo la via. I passaggi obbligati ormai sono lucidati dalle ripetizioni ed oppongono un grado “psicologico” da non sottovalutare anche se ben protette da materiale incastrato. Soste tutte molto buone, alcune su golfari.
Accesso:
Da Longarone (BL), dirigersi verso Erto (PN) e poi Cimolais (PN). Da Cimolais imboccare la strada per la Val Cimoliana e percorrerla direzione parcheggio Rifugio Pordenone (1205m). È possibile percorrere la strada a piedi ma sono 13 km ed occorre poi aggiungere altre 3h 30 al già lungo avvicinamento, oppure in auto con piccoli guadi a fondo ghiaioso (attenzione al pedaggio nel periodo estivo). Parcheggiare qui.
Dal Rifugio Pordenone (1249 m) per sentiero n° 353 in circa 2 ore di buon passo si è alla base del Campanile. Per i facili gradoni e cenge erbose della parete est, ci si porta al centro della parete sud, alla base di una evidente fessura-camino (chiodo). L’attacco è posto a circa 1970m a 200m dalla cima.
Relazione salita:
L1 = 25m, III+, IV-, 2 cl. S1= Anello Cementato
L2 =35m, IV, III, 1 ch, 1 cl. S2= Anello Cementato
L3 = 45m, IV, III, 1 ch, 1 cl. S3= Anello Cementato
L4 = 30m, III, II. S4= Anello Cementato
L5 = 10m, fessura Cozzi. V, IV, 1 friend inc, 1 nut inc. S5= Chiodi
L6 = 25m, III-, 2 cl, 2ch. S6= Anello Cementato
L7 = 35m, strapiombo in fessura Saar e poi camino Glanvell. IV+, III. 1 ch, 1 friend inc. S7= Anello Cementato
Tramite doppie direttamente dalla cima e su ottimi anelli cementati:
D1 = 30m, leggermente verso N
D2 = 20m, si arriva al ballatoio della S7
D3 = 40m, la famosa calata Piaz che doposita sulle rocce basali
tramite facili rocce gradinate abbassarsi lato N fino ad una evidente spaccatura
D4 = 25m
Note:
trovare il bivacco vuoto e godersi la notte con l’ombra del campanile che vegliava sulle lamiere, è stato un dono prezioso che ci ha portato ad amare ancora più questi luoghi.
La via presenta un arrampicata relativamente facile sia come grado che orientamento, però alcuni passi obbligati ormai unti riservano un pò di ingaggio e decisione per essere superati. Cercare di proteggersi adeguatamente durante gli stessi è un vostro diritto e dovere anche nei riguardi delle cordate che seguono.
Prestare attenzione alle prime due doppie il cui lancio potrebbe investire chi sta salendo.
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