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Sentiero Roma

Alpi Retiche occidentali, Val Masino


Escursione di:

Anna Dal Zotto, Anna Tusini, Elisa Sedoni, e Valeria Vola (dal 17 al 21 luglio 2022)


Storia

Una sorta di eremitaggio, da rifugio a rifugio, da valle a valle, nel cuore delle Alpi Retichecon queste parole si apre un lungo e curato approfondimento proprio sul Sentiero Roma ad opera di G. Miotti sul numero di Meridiani Montagne dedicato al Pizzo Badile.
Ma il Roma non è solo questo: con i suoi 54 km ed altitudini per lo più comprese tra i 2.500 e i 3.000 m, al cospetto delle maestose pareti del Pizzo Badile, del Cengalo e del Disgrazia, è annoverata tra le Alte Vie più belle d’Italia. L’altisonante nome con cui oggi lo conosciamo, fu assegnato nel ventennio fascista ad un percorso che in realtà già esisteva e collegava la Val Porcellizzo alla Valle di Preda Rossa. Nel 1928 questo attraversamento per lo più conosciuto da cacciatori, pastori e animali, fu tracciato e in qualche punto semplificato dai giovani della sezione CAI di Milano, ispirati dal nazionalistico invito a ‘conoscere le loro montagne per saperle difendere’. Fu solo successivamente che a tale percorso furono annessi prima il Sentiero Risari (che collega la Valle dell’Oro alla Val Porcelizzo) e poi il tratto che farebbe partire l’intero Sentiero da Novate Mezzola.  

A tal proposito, merita spendere qualche parola in più sul ruolo svolto proprio dalla Val Codera nella Resistenza al Fascismo. Questa storia si intreccia inestricabilmente con quella dello Scoutismo italiano. Con la presa del potere da parte del partito fascista, infatti, ci fu un iniziale tentativo di soffocare qualunque associazione giovanile non accettasse di uniformarsi o confluire nell’Opera Nazionale Balilla (ONB). E, se in un primo momento le organizzazioni scout riuscirono a preservare una qualche forma di autonomia grazie soprattutto all’intercessione da parte delle autorità ecclesiastiche, con l’avvento delle Leggi Fascistissime nel 1926 fu sancito lo scioglimento dei reparti scout nei centri con meno di 20.000 abitanti e l’obbligo da parte dei rimanenti ad uniformarsi all’ONB.

Come questi eventi si inseriscano nella storia del nostro racconto è presto detto: fu proprio la Val Codera (romanticamente definita ‘il paradiso perduto’) ad ospitare clandestinamente tra il 1941 e il 1942 i campi estivi di quelle che si fecero chiamare le Aquile Randagie: una ventina di ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ispirati dai valori dello scoutismo e per lo più appartenenti alle sezioni scout di Milano e Monza. Tra questi, il più noto fu forse Andrea Ghetti (conosciuto ai più con il nome di Baden) che svolse un ruolo centrale nella nascita, a seguito dell’invasione tedesca, dell’O.S.C.A.R. (organizzazione per il soccorso, collocamento, assistenza ricercati) allo scopo di aiutare ebrei, renitenti alla leva e ricercati politici ad arrivare in Svizzera, proprio grazie alla conoscenza di queste montagne ed al sostegno e protezione da parte delle autorità ecclesiastiche locali. Sull’argomento è stato recentemente girato un film, Aquile Randagie (2019) appunto, ma uno degli aspetti che personalmente ho trovato più interessante è stato il dibattito interno in seno a questi gruppi scout sull’atteggiamento da assumere nei confronti delle ingiustizie politiche e sociali, ben consapevoli che un valore cardine dello scoutismo è l’obbedienza (“noi non spariamo, noi non uccidiamo… noi serviamo!“).

Per approfondimenti: film documentario “Il grande gioco – Cent’anni di scautismo” del regista Fabio Toncelli

Accesso/rientro:

Noi abbiamo preferito spostarci in treno per comodità (sia di provenienza sia legata al fatto che, essendo il giro ad anello, avremmo comunque dovuto servirci di mezzi per tornare alla macchina lasciata il primo giorno). Riportiamo il tragitto qualora potesse risultare utile ad altri (n.b. abbastanza laborioso il rientro: da quanto riferitoci, per poter anche solo attraversare con la macchina la strada che da San Martino arriva al parcheggio di piano Preda Rossa passando per il rif. Scotti, è necessario un lasciapassare a pagamento, in mancanza del quale l’unica possibilità è servirsi di taxi poichè il sistema di navette è stato recentemente eliminato).

Nostra partenza: 

  • Modena – Milano Centrale (treno)
  • Milano Centrale – Colico (treno)
  • Colico – Novate Mezzola (treno)

Nostro rientro:

  • Parcheggio piano Preda Rossa – rif. Scotti (autostop) 
  • Rif. Scotti – Morbegno (taxi) 
  • Morbegno – Colico (pullman sostitutivo) 
  • Colico – Milano Centrale (treno) 
  • Milano Centrale – Modena (treno) 

Variante iniziale:

E’ possibile accorciare il percorso se si hanno a disposizione solo 4 giorni, partendo da Bagni di Masino e risalendo per il rif. Omio (viceversa, questa può costituire una ‘via di fuga’ dopo il primo giorno in caso di inconvenienti di varia natura).


Variante finale:

Dal rif. Allievi è possibile rientrare direttamente al Preda Rossa (per quanto la tappa diventerebbe davvero lunga) oppure fermarsi al Ponti e, il giorno dopo, invece che scendere per il Preda Rossa percorrere un tratto dell’Alta Via della Valmalenco scendendo a Chiesa Valmalenco (960 m).


Acqua:

Soltanto il primo giorno sono presenti fontane lungo il tragitto (parcheggio Novate Mezzola, Codera, rif. Brasca).

Difficoltà:

Per quanto non sia un percorso alpinistico in senso stretto (i passi di arrampicata, per lo più II°, sono quasi sempre protetti), richiede un’ottima preparazione fisica per i dislivelli presenti in quasi tutte le tappe, un passo sicuro essendo il percorso spesso su lastre più o meno stabili di granito e dimestichezza con l’alta quota per le esposizioni e per la capacità di orientamento, specie in caso di scarsa visibilità (noi abbiamo trovato non intuitiva la segnaletica nel tratto dal rif. Brasca al Passo del Ligoncio).

Materiale:

Oltre a quanto previsto per un trekking di più giorni in un ambiente di ‘alta’ montagna, casco, imbrago e kit da ferrata possono essere utili (…necessari in caso di bagnato!) per affrontare più serenamente alcuni tratti attrezzati. Inoltre, consigliamo di contattare i rifugisti per conoscere esattamente le condizioni dell’innevamento e quindi valutare se portare ramponi.

Periodo:

Estate: per esigenze personali, abbiamo affrontato il cammino nel mese di luglio. Se in passato era fortemente raccomandato di evitare l’inizio stagione per l’entità e le condizioni dell’innevamento, ad oggi -ahimè- questo problema passa decisamente in secondo piano. Per la nostra esperienza il caldo e la reperibilità di acqua sono pesati ben di più che i problemi derivanti dalla poca neve rimasta, presente sul sentiero soltanto ai piedi della salita alla Bocchetta Roma, e facilmente aggirabile.


Tabella tappe:

TappaPartenzaArrivoDislivello
(m)
Sviluppo (km)Tempistiche
1Novate Mezzola (212 m)Rif. Brasca (1304 m)+1475/-40013.85h (con pause)
2Rif. Brasca (1304 m)Rif. Gianetti (2534 m)+2200/-1000 13.310.15h (con pause)
3Rif. Gianetti (2534 m)Rif. Allievi (2395 m)+700/-84012.67.45h (con pause)
4Rif. Allievi (2395 m)Rif. Ponti (2559 m)+1300/-114012.310h (con due pause lunghe)
5Rif. Ponti (2559 m)Piano di Preda Rossa (1955 m)-6006.51.40h
tot+5675/-398058.5

Descrizione tappe:

Quella che segue è la relazione per come l’abbiamo vissuta noi. Probabilmente non è completa ma è pensata come integrazione di una più ‘classica’ guida, come una di quelle citate nella Bibliografia.

Giorno 1 (Novate Mezzola – rif. Brasca):

Purtroppo il nostro programma prevedeva arrivo alla stazione di Novate Mezzola alle 13 circa e così abbiamo avuto il piacere di assaporare fin da subito il caldo assassino che, affezionatosi quasi subito, ci ha gentilmente accompagnato per i restanti cinque giorni. La stazione parte leggermente più a valle del parcheggio che si suole considerare l’inizio ufficiale del sentiero Roma. Lì è presente una fontana che consigliamo fortemente di sfruttare nella vana speranza di non morire di agonia nel risalire la scalinata che vi aspetta. Chi sopravvive a questa prima prova, verrà però ricompensato: dopo circa un’ora, il sentiero si fa più pianeggiante e la valle da scura e stretta che sembrava inizia ad aprirsi fino a regalare una visione quasi fiabesca: annunciata da un piccolo cimitero a valle del paese, entrerete nella magica Codera (825 m) che vi accoglierà quasi a scusarsi della fatica che vi ha costretto a fare per accedere alla sua presenza, con una fontana di acqua fresca a pochi metri dal rif. La Locanda. Per chi non lo sapesse, Codera è un borgo con meno di dieci abitanti, al quale si può accedere soltanto a piedi o in elicottero. Sono presenti diversi punti di ristoro e la pace che si respira attraversandola è unica. Lasciato alle spalle l’abitato, il sentiero continua agevolmente in falsopiano. Superato un torrente, si incontrano una serie di baite in legno (tra cui il rif. Bresciadega, 1212 m). Si continua di buon passo e, dopo aver incontrato un ponticello, si dovrebbe in poco tempo intravedere finalmente il rif. Brasca (1304 m). Dal rifugio si gode di uno splendido e rasserenante paesaggio, dominato dalle caratteristiche cascate dall’Arnasca. Segnaliamo la provvidenziale presenza di una fontana, purtroppo l’ultima incontrata lungo il percorso. 

Vedi note storiche relative alla Val Codera e alle Aquile Randagie.

Total distance: 13799 m
Max elevation: 1302 m
Min elevation: 215 m
Total climbing: 2013 m
Total descent: -927 m
Total time: 05:56:24
Download file: ROMA-day1_activity_9245306024.gpx

Giorno 2 (rif. Brasca – rif. Gianetti):

Su suggerimento del rifugista del Brasca (in realtà permane il fortissimo sospetto la sua fosse una mal celata sfida) e mosse da un patriottismo che ha stupito persino noi, abbiamo seguito le orme di un gruppetto di ragazze francesi alla volta del Passo del Ligoncio.
Questo non sarebbe il modo più semplice per raggiungere il rif. Gianetti, tant’è che nella nostra guida questa variante non era neanche citata. Ma l’idea di spararci 2.000 metri di dislivello stuzzicava il nostro orgoglio…e poi se le francesi lo fanno mica possiamo tirarci indietro noi! Così si parte verso le 7.30 e si risale il boschetto che in parte nasconde le cascate che vedevamo dal rifugio. La salita è condita di umidità e un caldo poco consono alle prime ore del mattino ma ormai ci siamo rassegnate all’antifona. Finalmente la vegetazione lascia il posto ad una idillica vallata punteggiata qua e là da animali al pascolo e al centro svetta uno squadrato masso erratico che dalle finestre del rifugio già avevamo intravisto la sera precedente. In breve incontriamo sulla nostra sinistra, viso a monte, il bivacco Valli (1900 m). Continuiamo a salire seguendo i bolli rossi fino a quando, come ci aveva segnalato il rifugista, il sentiero devia nettamente a sinistra facendoci compiere un lungo e abbastanza tribolato traverso. Da questo punto in poi, infatti, la vegetazione tenderà a coprire i bolli rossi che segnano il sentiero e questi stessi bolli saranno presenti in quantità decisamente più esigua (ripensandoci forse il problema non è tanto che siano pochi, quanto che sono tracciati più per facilitare chi sta scendendo che chi sta cercando di salire). Così tra una caduta dentro una tana di marmotta e l’altra, in fila dietro la nostra stoica capo-gruppo (a sua volta prossima ad un più che giustificato esaurimento nervoso) seguiamo il traverso prima e poi riprendiamo a salire. Superiamo le francesi, missione compiuta (… per la verità, erano ragazze pure simpatiche!). Ci perdiamo nuovamente cercando di risalire un canalino detritico, un bollo poco più a destra ci ridona la speranza di essere sulla retta via. Seguiamo le tracce che ci portano alla base della parete sinistra di uno sperone roccioso che delimita il lato destro di un imponente canale detritico. Si risale questa paretina con qualche passo di arrampicata facilitato dalla presenza di catene (attenzione: la prima catena non è più vincolata alla parete nella sua estremità a valle).
A posteriori, data l’esposizione, questo è stato probabilmente il tratto in cui più aveva senso mettere il casco (ed indossare l’eventuale kit da ferrata).

Total distance: 13301 m
Max elevation: 2583 m
Min elevation: 1291 m
Total climbing: 2791 m
Total descent: -1551 m
Total time: 10:57:31
Download file: ROMA-day2_activity_9245324091.gpx

Giorno 3 (rif. Gianetti – rif. Allievi-Bonacossa):

Non sapevamo bene cosa aspettarci da questa tappa: da una parte, il dislivello almeno per questa giornata sarebbe dovuto essere ben inferiore a quello delle precedenti (comunque noi non ci abbiamo mai creduto a quei +500!), dall’altro la guida parlava del tratto in discesa dal Passo del Camerozzo come del tratto ‘più impegnativo di tutto il Sentiero Roma’. Quindi, pur con le nostre perplessità, ci siamo messe in cammino.

Il tratto iniziale porta verso est passando ai piedi del cosiddetto spigolo Vinci (ossia, lo spigolo sud del Cengalo) su di un comodo e panoramico sentiero in falsopiano costellato da qualche saliscendi. 

Si arriva così alla base della salita che porta al passo in questione (nonchè il primo dei tre che ci separano dal rif. Allievi): più o meno in corrispondenza dei primi tratti attrezzati abbiamo preferito ‘legarci’ con imbrago e kit ferrata, un po’ intimorite dalla descrizione letta la sera prima. Si sale così in sicurezza fino al passo (2765 m): dietro di noi la Val Porcellizzo, davanti si apre la Val del Ferro. Si scende seguendo le catene. Con roccia asciutta e discreta visibilità, noi abbiamo trovato questo tratto decisamente meno impegnativo ed esposto di quello affrontato il secondo giorno per salire al Passo del Ligoncio. 

Quando il sentiero perde pendenza, ci si ritrova nuovamente su un sentiero in falsopiano (questa volta però su sfasciumi di granito) che si percorre ignorando la deviazione che porterebbe al biv. Molteni-Valsecchi (2510 m) fino ad arrivare senza particolari difficoltà al secondo passo: quello del Qualido (2647 m).   

Tanto per cambiare, si scende di nuovo facendo attenzione a qualche tratto un pochino più esposto ma attrezzato, per poi attraversare senza perdere quota la Val Qualido (caratteristico camminamento su lastroni di granito in alcuni punti protetti con assi di ferro per evitare di scivolare direttamente al parcheggio) fino ai piedi della terza e ultima salita: quella che porterà al Passo dell’Averta (2540 m) con qualche tratto ancora attrezzato. Oltrepassato un peculiare intaglio roccioso, ci si affaccia sulla Val di Zocca e si intravede finalmente il rif. Allievi-Bonacossa (2395 m). La discesa non richiede particolari attenzioni ed è ben segnata, nel dubbio due di noi sono comunque riuscite a perdersi a dieci minuti dall’arrivo. 

In definitiva, il dislivello è un po’ superiore a quello descritto sulla guida, però è il giorno in cui si arriva in rifugio prima e, acqua consentendo, ci si può permettere il lusso di dare una rinfrescata a qualche calza/mutanda/maglietta.

Total distance: 12559 m
Max elevation: 2717 m
Min elevation: 2291 m
Total climbing: 1505 m
Total descent: -1676 m
Total time: 07:47:52
Download file: ROMA-day3_activity_9245341196.gpx

Giorno 4 (rif. Allievi-Bonacossa – rif. Ponti):

Una diagonale in salita non particolarmente faticosa conduce al Passo del Torrone (2518 m) da cui si scende non altrettanto agilmente lungo un canale sassoso (R.I.P. caviglia destra Anna J). 

Si attraversa la Val Torrone passando sotto pareti rocciose di cui assolutamente ignoravamo i nomi ma che adesso sappiamo essere quelle del Picco Luigi Amedeo, del Torrone Occidentale e della Punta Ferrario. Si passa in prossimità del bivacco Manzi-Pirotta (2538 m) per poi affrontare la morena del ghiacciaio del Cameraccio. Noi non abbiamo incontrato ghiaccio ma il percorso, pur di una bellezza quasi lunare, rimane abbastanza faticoso perchè prima su sfasciumi poi in salita seguendo i cavi attrezzati. Sventato il colpo di calore, ci si apre uno spettacolo che davvero merita tutta quella pena (Passo del Cameraccio, 2950 m): un terrazzo roccioso decorato con ‘ometti’ più o meno fantasiosi oltre i quali si staglia il Disgrazia. 

Non era nei nostri programmi ma alla fine ci siamo fermate parecchio a contemplare la bellezza di quel quadro e solo una volta trovata la forza per proseguire, ci siamo incamminate sulla via di discesa seguendo un po’ a ‘naso’ i bolli rossi. Ignorata sia la deviazione verso destra che avrebbe portato in Val di Mello (eventuale via di fuga) sia quella successiva a sinistra che avrebbe condotto al passo di Mello, si prosegue godendo di scorci che secondo noi nulla hanno da invidiare alla più osannata Valle del Torrone fino ad incontrare il bivacco Kima (2700 m). A dispetto del nome, si tratta di una struttura in muratura discretamente grande e dall’interno decisamente accogliente, con tanto di tavolo e piccola postazione cucina. Interessante il nome che porta e per cui rimandiamo alle note storiche ad inizio pagina. Questa era la tappa designata per il meritato pranzo, consumato guardandoci attorno e cercando di capire dove ci avrebbe portate l’ultima salita dell’intero Sentiero Roma, quella che conduce alla Bocchetta Roma. 

Cogliamo questo provvidenziale break per leggiucchiare qualcosa a proposito di questo Kima, che ci incuriosisce. Scopriamo così trattarsi del nomigliolo affibbiato a Pierangelo Marchetti, una guida alpina e soccorritore della zona che tanto si adoperò per la manutenzione del Sentiero fino ad organizzare una gara di corsa (‘la gara più spettacolare del mondo’ si sbilancia Kilian Jornet, vincitore dell’edizione 2018) che, alla sua morte nel 1994 nel corso di un’operazione di soccorso, prenderà proprio il nome di ‘Trofeo Kima’. Un evento attualmente biennale che raccoglie i più forti sky runner nazionali ed internazionali a sfidarsi sui suoi 52 km e 8.400 metri di dislivello complessivi. 

Le nostre supposizioni circa quale fosse questo benedetto passo hanno trovato conferma soltanto una volta rimesseci in cammino. Come prospettato dalla nostra guida, si scende costeggiando il bordo della morena per poi deviare a sinistra nei pressi dei resti di un laghetto. Si intravedono ora tracce che risalgono in mezza costa verso destra in direzione del Passo, ora visibile. Dalla nostra prospettiva non sembrava particolarmente facile la salita, ma mute e rassegnate siamo ripartite. In realtà il sentiero nel suo tratto iniziale non è faticoso e conduce a degli sfasciumi soltanto in piccolissima parte ricoperti da quello che doveva essere un Signor nevaio. La presenza di una corda sulla parte innevata ci ha inizialmente tratte in tentazione ma, non avendo portato i ramponi su consiglio dei rifugisiti preventivamente contattati che ci avevano rassicurato sulla quasi assenza di neve, abbiamo preferito affrontare la salita subito a destra del nevaio (viso a monte) su una pietraia che alla fine si è dimostrata più stabile sia della neve a sinistra che del terreno detritico estremamente friabile a destra. Calibrando bene i movimenti e la traccia da percorrere, siamo quindi arrivate all’inizio del tratto attrezzato che porta con qualche facile passo di arrampicata alla nostra agognatissima meta: Bocchetta Roma (2898 m). Come ci era stato fatto notare dalla guida utilizzata, si passa dal grigio scuro del granito lasciato alle nostre spalle al verde del serpentino e al ramato delle pareti che si stagliano davanti a noi. A farne ancora una volta da principe, il nostro Disgrazia che con fare un po’ altezzoso, si cela parzialmente alla nostra vista nascondendosi dietro le sue fidate nubi. La discesa conduce verso destra tra lastroni di roccia e seguendo fiduciosi i bolli rossi porta senza grosse fatiche al rif. Ponti (2559 m).

Total distance: 12360 m
Max elevation: 2983 m
Min elevation: 2279 m
Total climbing: 1650 m
Total descent: -1475 m
Total time: 09:49:33
Download file: ROMA-day4_activity_9245359470.gpx

Giorno 5 (rif. Ponti – piano di Preda Rossa):

Breve tappa (…sì ma non quanto cercherà di convincervi la rifugista!) senza difficoltà particolari: si segue il sentiero ben tracciato che scende lungo la Valle di Preda Rossa. Dopo tanti giorni al cospetto di così imponenti pareti rocciose, lo sguardo si addolcisce abbracciando la visione di pascoli, prati e corsi d’acqua.

L’idillio si interrompe bruscamente al parcheggio di Preda Rossa, da qui se non si ha la macchina si può scegliere se scendere a piedi lungo la strada asfaltata che passa per il rifugio Scotti oppure arrivarci tramite sentiero nel bosco. Quest’ultima sarebbe la soluzione più veloce ma sfidando la sorte e nella speranza di riuscire a scroccare un passaggio in macchina noi abbiamo optato per l’asfalto. Spoiler: questo atto di fede è stato ricompensato! In favore del sant’uomo che ci ha caricate, segnaliamo la presenza del suo piccolo punto vendita di prodotti caseari, pochi tornanti sotto al rif. Scotti.

Total distance: 6533 m
Max elevation: 2555 m
Min elevation: 1762 m
Total climbing: 168 m
Total descent: -959 m
Total time: 02:04:56
Download file: ROMA-day5_activity_9245369467.gpx

Bibliografia


Cartografia


Ringraziamenti

Sulle orme di una leggendaria combriccola, che spero possa rivivere questa loro piccola grande impresa nelle parole e con le foto di una altrettanto scombinata banda di amiche (di quelle amicizie che lega la Montagna, credo loro sappiano cosa intendo…). Un pensiero ed un caro saluto (nella speranza un giorno di conoscerli di persona) a Fausto, Marco, Antonello ed al buon vecchio Andrea, che ci ha sempre incoraggiate (non solo a parole!) nelle nostre avventure ad alta quota.

Questo racconto è stato possibile grazie alla spremitura di meningi di tre menti sopraffine: quelle delle mie (troppo atletiche ma le perdono) compagne di cammino, cui dedico il più sincero ringraziamento: all’Elli, che anche questa volta ha accettato il silenzioso invito a guidarci lungo il sentiero senza mai perdere il sorriso e la calma, all’Anna DZ, che a sua detta non fa allenamento durante gli altri 11 mesi all’anno ma che poi si spara mille metri di dislivello riuscendo comunque a parlare senza perdere il fiato e portando sulle spalle uno strumento di tortura che lei sostiene essere uno zaino (…non è che dentro quei cosi che ti spari nel naso alla mattina c’è qualche sostanza dopante???) e alla new-entry ValeVola, una scoperta tanto alle alte quanto alle basse quote e che, nonostante la sua provenienza geografica, ci tocca ammettere essere ‘una di noi’. Non è per nulla scontato trovare un gruppo così affiatato non solo ‘atleticamente’ ma anche, e soprattutto, per le cose che contano davvero.   

Barbacan, che Disgrazia!
Kima-i direbbe che ci voglia un Badile per costruire Ponti?
Allievi, venite!
Brasca fare i Porcellizzo, è una cosa Qualida.
È una sovente Bonacossa seguire le Aquile Randage sul variabile Ligoncio
con mamma Gattona e Mimmo Gianetti, lo spacciatore di bisciole.

(Anna DZ, Anna T, Elli, Vale)


Cartina:

Elaborazione grafica tratta da Meridiani Montagne n°19

Meteo:


Gallery

Giorno 1: Novate Mezzola – rif. Brasca

Giorno 2: Rif. Brasca – rif. Gianetti

Giorno 3: Rif. Gianetti – rif. Allievi

Giorno 4: Rif. Allievi – rif. Ponti

Giorno 5: Rif. Ponti – piano Preda Rossa

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Vallon delle Bisse Bianche, Piccole Dolomiti

Itinerario dal sapore decisamente classico, immerso in un magnifico quanto isolato ambiente “dolomitico” a tutti gli effetti, così come la via in questione.
Qui sicuramente non troverete orde di arrampicatori od escursionisti ma solamente camosci e marmotte, oltre ad un prezioso senso di pace e tranquillità.
L’avvicinamento rientra già nella via stessa, dato che si sviluppa lungo il caratteristico e ventilato Vajo delle Bisse Bianche, attraverso singolari pertugi tra enormi massi erranti e divertenti risalti rocciosi.
Una volta usciti dal vajo ci si ritrova direttamente al cospetto dell’imponente parete Nord del campanile, incorniciato come in una fotografia dal bucolico Vallon delle Bisse Bianche.
Il toponimo di questa elegante struttura fu assegnato da Eugenio Cipriani e Gianni Rodighiero nel 1983 che per primi ne salirono la sommità lungo i camini che solcano l’intaglio orientale. Il frastagliato spigolo Est invece fu percorso da Roberto Castagna e Donato Zini nel 1987, i quali dedicarono la salita al forte alpinista valdagnese Ruggero dal Cengio.
“Al Cuor non si Comanda” ne vince invece l’inviolata parete Nord, seguendone i punti più logici e vulnerabili, su roccia generalmente buona per la zona, spesso molto lavorata.
Prestare però attenzione in alcuni punti, soprattutto nei brevi tratti appoggiati dove sono presenti detriti e in corrispondenza della vetta, dove risulta più delicata.
L’itinerario, salito principalmente con protezioni veloci, è stato in seguito integrato dagli apritori con chiodi e cordoni con lo scopo di agevolarne la ripetizione: rimane comunque una salita di stampo alpinistico a tutti gli effetti.
Necessarie 2 corde da 60 m, consigliati friend dal 0,75 al 3 (BD) per il 5°, 6° e 7° tiro.
Chiaramente martello e chiodi per ogni evenienza.

M.S.

Apritori:

Matthias Stefani, Matteo Rini il 04/09/2021


Accesso / Attacco:

da SUD dal Rifugio Campogrosso (link al P) 1443m

Dal passo di Campogrosso seguire la strada verso Obra (o strada Panoramica dei Vaji) per circa 1 km e parcheggiare sullo spiazzo a destra appena prima del divieto. Proseguire a piedi oltrepassando il Vajo dei Colori, il Vallon di Pissavacca ecc. fino a quando finisce l’asfalto (sbarra). Oltrepassarla e continuare ancora sulla strada, ora sterrata, e dopo poco si transita all’imbocco del Vajo delle Bisse Bianche (segni azzurri con numeri neri scritti su un masso). Una quindicina di metri prima dei segni abbandonare la strada e prendere una timida traccia sulla sinistra tra la vegetazione (ometti a bordo strada) che risale il vajo, aggirando inizialmente alcuni facili risalti. Poche decine di metri dopo esser transitati sotto un’evidente e strapiombante parete gialla sulla sx si perviene alla base di un gigantesco e caratteristico masso che ostruisce il vajo. Lo si oltrepassa sulla destra attraversando un pertugio (poco visibile) che conduce in un catino dalle pareti slavate, alla base di un risalto verticale di 15 metri. Superarlo, servendosi di una corda fissa in loco, e proseguire fino ad un successivo breve risalto che si supera sulla destra (3 metri di III grado). Continuare, sempre lungo il vajo, fino all’ultimo risalto sbarrato da un masso strapiombante, che dà accesso al magnifico ed ampio Vallon delle Bisse Bianche. L’imponente torrione è già ben visibile e svetta sulla destra del vallone. Aggirare facilmente il risalto sulla destra tramite una timida traccia(ometti) e risalire i ghiaioni del vallone portandosi alla base dell’evidente parete nord (vari ometti). L’attacco è posto al margine destro (viso a monte) della parete. Chiodo con cordone all’attacco e cordoni su clessidre pochi metri più in alto ben visibili.
2 ore circa dal Passo di Campogrosso

da NORD dalla frazione di Ometto (Vallarsa)

Raggiungere l’abitato di Ometto (in Vallarsa) e proseguire fino al termine della strada, dove si lascia l’auto al principio della galleria (ampio parcheggio libero). Attraversarla e proseguire per la comoda carrareccia che, dopo una decina di minuti, transita alla base dell’impluvio delle Giare Larghe (indicazioni CAI per Vallon dei Cavai). Continuare sempre lungo la strada, superando un tratto cementato, fino a raggiungere l’attacco del Vajo delle Bisse Bianche (segni azzurri con numeri neri scritti su un masso). Fin qui 25/30 minuti. Una quindicina di metri dopo il masso abbandonare la carrareccia e prendere una timida traccia sulla destra tra la vegetazione (ometti a bordo strada) che risale il vajo, aggirando inizialmente alcuni facili risalti. Poche decine di metri dopo esser transitati sotto un’evidente e strapiombante parete gialla sulla sx si perviene alla base di un gigantesco e caratteristico masso che ostruisce il vajo. Lo si oltrepassa sulla destra attraversando un pertugio (poco visibile) che conduce in un catino dalle pareti slavate, alla base di un risalto verticale di 15 metri. Superarlo, servendosi di una corda fissa in loco, e proseguire fino ad un successivo breve risalto che si supera sulla destra (3 metri di III grado). Continuare, sempre lungo il vajo, fino all’ultimo risalto sbarrato da un masso strapiombante, che dà accesso al magnifico ed ampio Vallon delle Bisse Bianche. L’imponente torrione è già ben visibile e svetta sulla destra del vallone. Aggirare facilmente il risalto sulla destra tramite una timida traccia(ometti) e risalire i ghiaioni del vallone portandosi alla base dell’evidente parete nord (vari ometti). L’attacco è posto al margine destro (viso a monte) della parete. Chiodo con cordone all’attacco e cordoni su clessidre pochi metri più in alto ben visibili.

1 ora e 15/30 min dalla galleria di Ometto

Mappa accessi

Mappa con gli accessi da Nord e da Sud

Relazione:

L1 = 25 m; IV p. IV+, 1 chiodo e 3 clessidre

Salire verticalmente su roccia bianca lavorata e qualche zolla erbosa fino a una cengetta, dove si sosta su 3 chiodi.

L2 = 30 m; IV+, II, 6 clessidre

Traversare 5 metri a destra fino a un cordone su clessidra, quindi proseguire verticalmente, su roccia bianca molto lavorata, fino alla prima cengia erbosa. Portarsi facilmente (terreno delicato) alla base di un’evidente fessura posta al margine sinistro di una placca a buchi nerastra. Sosta da attrezzare su 1 clessidra con cordino e 2 friend medi su fessura lineare. ().

L3 = 25 m; V-, III, 1 chiodo, 3 clessidre

Salire la bella placca nera a buchi sopra la sosta (roccia ottima e lavoratissima), sfruttando la fessura a fianco, fin sotto alla prima fascia strapiombante. Traversare quindi una decina di metri verso destra percorrendo una facile ma esposta cengetta fino alla sosta su 4 chiodi con cordone e maglia rapida, posta in un piccolo ballatoio sospeso nel vuoto.

L4 = 40 m; V+, IV, IV+, II, 5 chiodi e 4 clessidre

Rimontare verticalmente la sosta superando una bella placca bianca a buchi di roccia molto lavorata con andamento verso destra, fino a quando la parete diviene più appoggiata e meno compatta. Proseguire diritti tra rocce ed erba superando infine un’altro tratto verticale, fino alla seconda cengia (ultimi facili metri con roccia delicata). Sostare su 3 chiodi alla base dell’evidente camino sulla destra che solca la seconda fascia di strapiombi

L5 = 30 m; VI+, IV/V, 3/4 chiodi

Vincere il camino (roccia ottima), superando un difficile strapiombo iniziale (lungo cordone per eventuale azzero) e dopo una decina di metri abbandonarlo spostandosi sulla placca di sinistra. Proseguire in leggero obliquo verso sinistra fino a raggiungere la terza cengia (detriti). Sostare comodamente su 3 clessidre con cordoni

L6 = 30 m; V-, VI, V, 4 chiodi e 1 clessidra

Spostarsi un paio di metri a sinistra della sosta e salire l’unica fessura gialla che solca la terza fascia di strapiombi (utili friend medio-grandi) e che più in alto diviene liscio camino (attenzione a dei massi incastrati sulla sinistra a metà fessura). Quando il camino diviene molto strapiombante abbandonarlo e uscire sulla parete di sinistra guadagnando un piccolo pulpito sospeso. Proseguire verticalmente per altri pochi metri fino a raggiungere la terza cengia (diversi detriti) che sorregge la cuspide sommitale. Sostare su 3 chiodi alla base di una breve placca compatta sulla sinistra.

L7 = 30 m; IV+/V, 1 chiodo. Libro di vetta

Superare la breve ma compatta placca sopra la sosta fino a una piazzola. Spostarsi pochi metri a sinistra e vincere l’ultimo muro verticale seguendo una fessura obliqua (roccia delicata) che dà accesso alla stretta e caratteristica cima del campanile (utili friend). Sosta su mugo e chiodo con cordone e maglia rapida.


Tracciato via:


Relazione (PDF scaricabile):

Su gentile concessione degli apritori.


Discesa:

Con 3 calate lungo il versante di salita si ritorna alla base della parete.
Dalla vetta con una prima calata di 58 metri (mugo e 1 chiodo con cordone e maglia rapida) si arriva alla cengia mediana della parete e alla successiva sosta di calata (fuori via) su 2 mughi collegati a 2 chiodi con cordone e maglia rapida. Con una seconda calata di 35 metri si arriva alla S3 su 4 chiodi con cordone e maglia rapida . Una terza calata di 60 m deposita nel canalone detritico a fianco dell’attacco (caratteristica calata nel vuoto esposta).
Rientrare seguendo a ritroso l’accesso.
Tempo tot: ???

Note:

Nonostante le protezioni siano state integrate dagli stessi apritori rimane comunque una via di stampo decisamente dolomitico, sia nella roccia, che nei gradi, che nell’avvicinamento e discesa.


Bibliografia:


Meteo:

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Alpi Orientali Piccole Dolomiti relazioni rock climbing via arrampicata ambiente

Concatenamento sud/ovest del Cornetto

Panoramico concatenamento alpinistico che dai prati Bolfetal porta direttamente in vetta al monte Cornetto (1899 m).

Sviluppo di circa 700m di sola arrampicata + 2 calate da 40m ciascuna + 2 raccordi a piedi.
Le difficoltà vanno dal III al V+/VI con un passo di VI+.
Lungo i tiri sono presenti chiodi e clessidre attrezzate ma alcuni tratti sono da proteggere (portare una serie di friends dalla misura #0.3 alla #2).
Tutte le soste sono attrezzate.


Vie da concatenare sono in successione:

– via Placca delle Lumache
– via Pilastro Stenghel
– via Stefani-Bertolotti
– via degli Ometti

Accesso da Sud:

Dal Rifugio Campogrosso (1443m) seguire il comodo sentiero 170 E5 dapprima attraverso un bosco di faggi e poi per prati aperti in direzione di Malga Bovental.
Nei pressi di enormi massi erranti il sentiero entra nuovamente nel bosco e inizia a prendere quota verso la forcelletta N/O. L’attacco è praticamente quasi sul sentiero,
alla base della prima evidente placconata rocciosa che si incontra sulla dx (visibili clessidre con cordini).

Tot: 30/40 minuti

Accesso da Nord:

Giungere a Pian delle Fugazze (1162m) e lasciare l’auto nei pressi del ristoro “Mangia e Bevi”. Da qui prendere la Strada delle Sette Fontane e poco dopo il sentiero 173 che
porta a malga Bovental. Oltrepassarla portandosi nei pressi di enormi massi erranti dove il sentiero 170 entra nel bosco e inizia a prendere quota verso la forcelletta N/O.
L’attacco è praticamente quasi sul sentiero, alla base della prima evidente placconata rocciosa che si incontra sulla dx (visibili clessidre con cordini)

Tot: 35/45 minuti

Schizzo generale:

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relazioni

Traversata del Coston

Coston del Cornetto, 1630m

Monte Cornetto – Sengio Alto (Vi)

Spettacolare itinerario che traversa la parete nord del Coston da ovest a est unendo le prime tre lunghezze della via Placca d’Argento e le ultime tre della via Logica Classica, regalando un’arrampicata d’insieme tra le più belle dell’intera zona.
Risulta un’ottimo e comodo proseguo dopo lo Spigolo Noaro, via Maica ecc..


Apritori:

Placca d’Argento: Arturo Franco Castagna e Giuseppe Tararan (2008)

Logica Classica: Matthias Stefani in autosicura (2017)


Accesso :

Da N (classico):
Giungere a Pian delle Fugazze (link) 1162m e tenendo le indicazioni per l’Ossario del Pasubio prendere la SP99 “via Ossario”. Passata a dx la malga Cornetto 1220m poco dopo si P a sx nell’apposito spazio (link) 3€.

Da S (panoramico ma più lungo):
Giungere al rif. Campogrosso (link) e P nei numerosi spazi 5€ (oppure gratuitamente in quello 50m sotto circolare).
Anche se vedrete delle auto si sconsiglia il P alla sbarra dopo malga Campogrosso (link) siccome a volte fioccano multe.


Attacco:

Da N (classico):
Attraversare la strada e prendere le indicazioni per Vaio Stretto (seg n°44). Attraversare i prati e continuare lungo il sentiero entrando nel bosco seguendo i bolli rossi e passando qualche grosso masso fino a quando se ne intravede uno con sopra una croce. Stare alla DX di questo masso e seguendo sempre i bolli rossi e qualche grosso blocco della frana, in breve in falsopiano si è alla base del Vajo Stretto, passarlo e salire per tracce non sempre evidenti il Boale dei Vaccari. Giunti alla fine del boale taversare verso sinistra fino all’evidente Boale dell’Emmele. Scendere per circa un centinaio di metri costeggiando la gengiva della parete del Coston del Cornetto fino al punto più basso dove attacca la via Placca d’Argento. 50 min da Malga Cornetto

Da S (stando in quota):
percorrere la strada del Re prima verso malga Campogrosso, poi dopo una sbarra fin sotto alle pareti del Baffelan ed Apostoli che si scorrono sulla sx con panoramico e facile percorso. Seguire ancora la strada fino a che sulla SX si stacca il sentiero 175A Bruno Peruffo (ex: sentiero della Loffa ) che salendo nel bosco porta al Terzo Apostolo, Giare Bianche e Torre Emmele. Giunti alla sella dell’Emmele, 1675m tenere le indicazioni per Vajo Stretto e scendere prima per sentiero e poi per traccia costeggiando la gengiva della parete del Coston del Cornetto fino al punto più basso dove attacca la via Placca d’Argento. 60/75 min  dal P a Campogrosso (D+ circa 150m)

Attacco per Concatenamenti:

Da N con prima lo Spigolo Noaro o la via Maica: Attraversare la strada e prendere le indicazioni per Vaio Stretto (seg n°44). Attraversare i prati e continuare lungo il sentiero entrando nel bosco seguendo i bolli rossi e passando qualche grosso masso fino a quando se ne intravede uno con sopra una croce. Stare alla DX di questo masso e seguendo sempre i bolli rossi e qualche grosso blocco della frana, in breve si è alla base del Pilastro del Vajo Stretto (es.via Maica) oppure proseguendo in falsopiano verso W si scorge un cordino penzolante sulla faccia  SX del Vajo Stretto (attacco diretto Spigolo Noaro), se si intravede il camino del vajo tornare qualche metro indietro.

Da N con prima la Cavalcata tra i Camosci: Attraversare la strada e prendere le indicazioni per Vaio Stretto (seg n°44). Attraversare i prati e continuare lungo il sentiero entrando nel bosco seguendo i bolli rossi e passando qualche grosso masso fino a quando se ne intravede uno con sopra una croce. Stare a SX di questo masso e seguendo sempre i bolli rossi in breve si è alla base del Pilastro Dalai Lama e delle vie che lo cingono.

Stare alla sua DX (viso monte) e passare alcuni spit-fix di vie sportive (es: N=via Nirvana), risalire il canale detritico usando anche alcuni recenti blocchi rossastri della frana del Pilastro del Vajo Stretto. Ad una sella con alberi appare il diedrino di attacco della Cavalcata tra i Camosci che presenta una inconfondibile freccia rossa ↑.  20 min dalla malga. D+ circa 200m

Da S con prima qualcosa sulla Torre dell’Emmele: percorrere la strada del Re prima verso malga Campogrosso, poi dopo una sbarra fin sotto alle pareti del Baffelan ed Apostoli che si scorrono sulla sx con panoramico e facile percorso. Seguire ancora la strada fino a che sulla SX si stacca il sentiero 175A Bruno Peruffo (ex: sentiero della Loffa ) che salendo nel bosco porta al Terzo Apostolo, Giare Bianche e Torre Emmele. Salire una delle sue belle vie come la Ultime foglie d’Autunno, Supermario o Spigolo Scorzato. Giunti alla fine della via che si vuole concatenare scendere alla sella dell’Emmele, 1675m tenere le indicazioni per Vajo Stretto e scendere prima per sentiero e poi per traccia costeggiando la gengiva della parete del Coston del Cornetto fino al punto più basso dove attacca la via Placca d’Argento. 60/75min  dal P a Campogrosso + i tempi della via che si sceglie. D+ circa 150m (15/20min  dalla cima dell’Emmele)

Schizzo e Relazione scaricabile:


Discesa:

In comune: Dalla sosta salire qualche metro a SX (SUD) fino al prato sommitale (1630m) e poi per evidente ed esposta traccia scendere in direzione W-NW sul boale di raccordo tra la Sella dell’Emmele e la sommità del vajo Stretto.

  • per ritorno a N, Malga Cornetto: dirigersi verso il Vajo Stretto ma prima di arrivare alla sua testa tenere una evidente traccia a SX che porta al Boale dei Vaccari. Seguirlo dapprima su tracce e poi per sentiero evidente ma tortuoso che segue a volte cenge in falsopiano. Dopo 20-30min passeremo vicini al termine della Cresta delle Emozioni e dopo poco saremo all’inizio del vajo Stretto e da lì con intuitivo sentiero ai prati appena sopra a Malga Cornetto. 45/60 min tot
  • per ritorno a S, passo Campogrosso: dirigersi verso la selletta dell’Emmele e da li tornare per il 175A Bruno Peruffo (Ossario Pasubio) o se si vuole completare con un bellissimo e panoramico rientro tra guglie, pinnacoli, apostoli ed il Baffelan scegliere prima le indicazioni sent. 175 (ex.15) forc. monte Cornetto e poi il sentiero di arroccamento 149. 1/1.5 h tot

Cartina:


GPS:

Total distance: 2217 m
Max elevation: 1630 m
Min elevation: 1221 m
Total climbing: 730 m
Total descent: -321 m
Total time: 07:47:34
Download file: Cavalcata_Camosci+Logica-Classica_gpx _2019-07-06_0927.gpx

Bibliografia:


Meteo:


Meteo Recoaro Mille

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