Torre poco frequentata dei Dirupi di Larsec (Gruppo del Catinaccio) è stata salita per la prima volta solo nel 2003 dalla guida fassana Gino Battisti. Prima nessuno se n’era accorto forse perché diviene evidente solo avvicinandosi ai suoi piedi.
Avvicinamento:
Da Pera di Fassa al Rifugio Gardeccia in 3 modi:
a piedi da Moncion, per strada asfaltata chiusa al traffico in 90 min;
o con seggiovia Catinaccio con partenza da Pera di Fassa e fino al tronco Cigolade, per sentiero in 25 min;
o da Ciampedie 2000m, a cui si arriva con la funivia da Vigo di Fassa, quindi per sentiero in 45 min.
Dal Rifugio Gardeccia si prende il sentiero per il Passo delle Scalette, si passa il greto del torrente e dopo appena 10 minuti di cammino ci si trova, grosso modo in corrispondenza del ghiaione che scende tra la Guglia del Rifugio e il Campanile Gardeccia. Si abbandona il sentiero e si risale il ghiaione seguendo la traccia di sentiero (qualche raro ometto di sassi) in direzione della gola tra le suddette torri. Arrivati in corrispondenza dell’attacco della via “Malgari” della Guglia del Rifugio, si nota a destra una cengia. La si segue salendo qualche roccetta ed in corrispondenza dello spigolo sx della torre si trova l’attacco ( 40 minuti da Gardeccia).
Descrizione della salita:
La via segue costantemente per quattro tiri lo spigolo N-NW per poi traversare con un tiro per la parete W fin sotto vetta.
L1 + L2 =
seguire le debolezze dello spigolo con difficoltà III/III+ tranne un paio di passaggi appena più difficili.
L3 =
Alla fine del terzo tiro si sosta sotto una nicchia gialla, la si aggira a destra per poi seguire sempre lo spigolo fino allo spit posto all’uscita di una lama staccata (IV). Da qui si traversa in bella esposizione salendo verso destra fino ad imbucare un caminetto che si spenge giusto sotto vetta (IV). Roccia buona. Il nome della via è “Via delle tose”
Discesa
Dalla vetta ci si cala in doppia: D1 = verso E (faccia verso il Campanile Gardeccia) in modo da raggiungere un forcellino con un enorme sasso incastrato. D2 + D3 = 2 doppie verso N – NW (faccia verso il canalone da dove siamo arrivati.) e poi qualche roccetta fino all’attacco. Quindi a ritroso. Tutti i tiri e le soste sono attrezzate a spit.
Schizzo:
PDF:
Ripetizione del 14/08/2022
compagna: Anna Tusini
Schizzo usato:
Discesa:
Tramite doppie
Tot 2h
Note:
essendo addossata alla parete W del Campanile Gardeccia non è quasi visibile da Gardeccia, onore a G. Battisti anche per averla scovata.
E’ una ottima proposta per chi vuole avvicinarsi in modo graduale alle vie in ambiente, venendo dal mondo sportivo.
Patèch pare sia il soprannome dato dai concittadini di Gino per distinguerlo dai numerosi Battisti a Pera. Una guglia col suo soprannome se la merita tutta, basta osservare il lavoro di ricerca ed esplorazione che ha condotto negli anni, soprattutto nel sottovalutato gruppo dei Larsèc (vedi Bibliografia consigliata)
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Cimon della Pala, 3184 m gruppo Pale di San Martino, Dolomiti Occidentali (TN)
Un po’ di storia:
Pur spettando all’adiacente Cima Vazzana con i suoi 3192 metri il primato di vetta più alta del gruppo delle Pale di San Martino, innegabilmente il Cimon della Pala risulta la più iconica, tanto per il suo profilo così spesso fotografato dalla frequentatissima Baita Segantini in Val Venegia, quanto per il suo versante sud-ovest con cui domina il vicino abitato di San Martino di Castrozza.
La sua fama, persino oltre Alpe, si fa emblematicamente risalire a metà circa dell’Ottocento quando gli inglesi Josiah Gilbert e George Cheetham Churchill, rapiti dall’eleganza del suo profilo roccioso raffigurato in un quadro appeso all’interno di una locanda, decisero di recarvisi di persona. Solo pochi anni dopo, nel 1868, fu un altro straniero, il naturalista e alpinista francese John Ball, ad affidarle l’appellativo che la rende tuttora celebre: quello di ‘Cervino delle Dolomiti’.
Risale ad un anno dopo, il 1869, il primo tentativo noto di conquistarne la vetta: l’austriaco Paul Grohmann tentò la salita partendo dallo spallone detritico che parte in prossimità dell’attuale bivacco Fiamme Gialle, ma fu ben presto costretto alla ritirata, fermandosi alla vicina torre che oggi ne prende il nome.
Si deve invece all’inglese Edward Robson Whitwell, alle guide Santo Siorpaes e Christian Lauener il primo effettivo raggiungimento della vetta. Era il 1870 e dopo un primo tentativo fallimentare seguendo il tracciato di Grohmann, il britannico ritenta solo pochi giorni dopo legandosi alla guida svizzera e quella ampezzana, ma soprattutto affrontando la salita dal più impervio versante nord, dove sorge il ghiacciaio del Travignolo.
Nonostante negli anni seguenti tale via fu ripetuta diverse volte, venne poi progressivamente abbandonata a partire dal 1889, quando fu battuta la linea dell’attuale via normale sul versante sud-est ad opera di Ludwig Darmstädter, Johann Niederwieser (detto Stabeler) e Luigi Bernard. Essi riuscirono a superare la torre in cui sia Grohmann che Whitwell e Tuckett si fermarono, aggirandola grazie ad una esposta cengia
Consiglio di leggere più estesamente il resoconto della prima ascensione da parte di Whitwell consultando il seguente documento (pag 75-79):
Per maggiori informazioni o curiosità sulla storia (o meglio, le storie!) che aleggiano attorno a questa celebre montagna clicca questo link
Salita tecnicamente semplice (max III+), specie ora che le soste sono state attrezzate con resinati, anelli di calate e numerosi bolli rossi che sommati alle nuove protezioni segnano la via di salita, con la conseguenza forse di averla almeno in parte banalizzata (nel 2006 solo alcuni chiodi). Si è comunque immersi in un ambiente maestosamente severo ed aperto che richiede passo sicuro e confidenza, specie nei tratti in cui non si procede assicurati.
Accesso:
Parcheggio presso gli impianti di Col Verde a San Martino di Castrozza:
P2 pubblico (appena sotto ma meno frequentato e spesso disponibile):
Avvicinamento:
La prima possibilità – quella da noi percorsa – è di salire da San Martino di Castrozza al Rif. Rosetta ‘Pedrotti’ (2581 m) mediante gli impianti di Col Verde (cabinovia prima e funivia successivamente). Si raggiunge in questo modo l’altopiano del Rosetta e da qui, percorrendo il sentiero n. 701, in pochi minuti si arriva all’omonimo rifugio.
Dal rifugio, seguendo il sentiero n. 716, si raggiunge facilmente il Passo Bettega (2667 m), per poi continuare sullo stesso sentiero in discesa fino ad entrare nella solitaria Val dei Cantoni. La si percorre in salita seguendo ometti e bolli rossi con qualche breve tratto attrezzato e superando possibili depositi nevosi (a settembre 2021 erano pochi e facilmente superabile ma specie ad inizio stagione potrebbero essere di entità più considerevole e non così facilmente aggirabili senza un’attrezzatura congrua).
Continuando a salire, nella seconda metà più faticosamente, si può apprezzare sulla destra l’elegante spigolo sud del Nuvolo, su cui sale l’elegante via Scalet. Poco prima di arrivare al Passo del Travignolo (2925 m), si stacca sulla sx una traccia (anch’essa segnata da ometti e bolli rossi) che conduce sullo spallone roccioso oltre il quale finalmente si apre la conca dov’è situato il bivacco Fiamme Gialle (3005 m).
L’alternativa, probabilmente più lunga e faticosa, consiste nel salire al bivacco Fiamme Gialle percorrendo la via ferrata Bolver-Lugli (circa 3/3.30 h).
Foto tracciato:
Schizzo salita:
Relazione salita:
Volgendo le spalle al bivacco, viso a valle, seguire una traccia che stacca verso dx (non quella che sale dietro al bivacco) e attraversa uno spallone detritico a mezza costa. Salendo verso l’estremità sx di questo pendio, con passi di facile arrampicata si seguono gli ometti fino ad intravedere due forcelle: ignorare quella più evidente a ‘U’ sulla sx e dirigersi verso quella di dx segnata appena dopo con un bollo rosso.
Valutare se legarsi: scendendo dalla forcella, si attraversa verso sx viso a monte fino a raggiungere un’evidente grotta* (bollo rosso con un resinato), al termine della quale si esce non proprio agilmente attraverso uno stretto foro che prende il nome di Bus del Gat.
Una volta rialzati in piedi, si percorre una cengia che conduce ad un canale abbastanza friabile e con possibili depositi di neve.
Lo si risale aiutandosi con la paretina rocciosa di dx, sulla quale poi ci si sposta in corrispondenza di un bollo rosso.
Seguendo un’esile traccia si attraversa la parte terminale del canalino orizzontalmente puntando all’attacco del tratto attrezzato.
Lo si percorre fino ad una sosta attrezzata alla base di un caratteristico diedro, che rappresenta le prime vere difficoltà.
*si può evitare il caratteristico passaggio, aggirando la grotta esternamente (III non verificato).
Descrizione tiri:
L1 = III, 10 m:
Salire con passo atletico il diedro-camino (1 resinato). Appena sopra, le difficoltà calano e spostandosi sulla parete sx (1 resinato) si raggiunge in breve la sosta (catena resinata con bollo rosso).
L2 = III+, 30 m:
Portarsi a dx e rimontare lo spigolo sx dell’evidente diedro su ottima roccia appigliata. Inizialmente verticale, in breve le difficoltà calano fino a raggiungere la sosta (nuova catena resinata e vecchio fittone con chiodi e cordini). Questo caratteristico tiro prende il nome di Mulèt.
L3 = II, 15 m:
Salire verso l’evidente forcella tra la vetta e la torre Grohmann, sosta sulla sx (anello cementato).
Da S3 si può procedere in conserva protetta ottimamente da numerosi resinati, seguendo i bolli rossi che quasi sempre si mantengono sulla dx del filo di cresta. Si incontrano alcune soste (da utilizzarsi poi per le calate) fino a scendere ad un’ultima terrosa forcella, superata la quale si raggiunge la croce di vetta (anticima). La vera e propria cima si trova più avanti, ma il tratto da percorrere per raggiungerla non è agevole a causa di una roccia piuttosto friabile.
Discesa:
Si procede a ritroso in conserva protetta fino all’anello di calata di S4 (in cresta sopra la forcella tra le due torri). Da qui in corda doppia ci si cala:
S4 -> S2 (20 m)
S2 -> S0 (30 m)*
S0 -> forcella dove parte il cavo metallico (30 m)
Fittone rosso sulla forcella -> canalino friabile prima del Bus del Gat (30 m, facoltativa)
*Per la 2° calata (almeno per come qui descritta e percorsa), bisogna scendere verticalmente sotto S2, mirando al centro dell’evidente diedro, in modo da così escludere una ulteriore sosta situata su S1 che si lascia sulla sx viso a monte (nulla vieta di servirsi anche di questa sosta suddividendo la seconda calata in due brevi calate).
La 3° e 4° calata non sarebbero necessarie ma possono risultare comode e veloci. Sono tutte attrezzate con anelli di calata e fattibili con una sola mezza.
Dalla fine delle doppie si attraversa nuovamente il Bus del Gat, questa volta in discesa, e si ripercorre a ritroso il sentiero di andata fino al bivacco Fiamme Gialle.
Dalla cima al bivacco: 1÷1.30 h.
Da qui si aprono le seguenti possibilità:
1. Percorrere la Valle dei Cantoni
per poi risalire al Passo Bettega (1.30 h dal bivacco). Si scende sul versante opposto del passo, continuando inizialmente a seguire il sentiero n.716 fino ad un bivio:
1A. prendendo la sinistra (spalle a monte) si segue il sentiero n.716 che risale all’altopiano e porta agli impianti del Rosettache chiudono alle 17.00. Come per la salita ma a ritroso: funivia e bidonvia fino a San Martino di Castrozza.
1B. si supera il bivio continuando a scendere. Ci si trova a percorrere una traccia segnata con ometti e qualche segno rosso abbastanza verticale su gradoni rocciosi. Prima ci si porta sulla sinistra orografica di un canalone poi si traversa sulla destra (tratto attrezzato non mantenuto) fino a ricongiungersi al sentiero n.701, qualche centinaio di metri prima dell’arrivo della cabinovia di Col Verde (1965 m). Da qui, si scende più dolcemente a San Martino di Castrozza seguendo le piste da sci oppure il percorso del Rosetta Verticale Trail Run (più veloce seppur più verticale). Dal passo Bettega al parcheggio 2.30 h.
Tot: 4÷5 h
2. Scendere per la ferrata Bolver-Lugli
(sconsigliato scendere negli orari di maggiore frequentazione)
Basterebbe una ‘mezza’ da 60 m (anche per le calate), noi abbiamo preferito portarne due per maggiore sicurezza
Nonostante l’arrampicata sia facile, può fare comodo portarsi dietro oltre alle scarpe da avvicinamento anche le ‘scarpette’ soprattutto per risalire i primi metri di L1
Il Bus del Gat regala finalmente qualche soddisfazione a chi non supera il metro e cinquantacinque di altezza…e mi sento di dire che era poi anche ora!
Cartina consigliata:
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Per il Canalone basso:Paul Grohmann, F.Innerkofler e P.Salcher, 13 agosto 1869 L’attuale parte finale:L.Bernard e G.Davarda, 1892 La Cengia dei Fassani: G.Mayer e militari austriaci, 1917 la “variante delle Guide” al Canalone Basso: M. Bernardi e K. Unterkircher, 1999
Descrizione
Lunga e complessa salita che si snoda su più versanti e pieghe della montagna. Tecnicamente non difficile siccome non raggiunge mai il IV grado e si svolge su roccia sempre ottima, non è però da sottovalutare. Richiede una buona esperienza ed orientamento per annusare la traccia più proficua oltre ad una certa disinvoltura con la corda, pena dilatarsi i tempi a dismisura od ancora peggio trovarsi fuori via, con difficoltà superiori e roccia friabile. Il tutto viene però ripagato con delle magnifiche vedute che cambiano prospettiva e scenari più volte nell’arco della salita e discesa, rendendo questa normale forse la più completa ed appagante dell’intero arco Dolomitico.
Accesso:
P al passo Sella, nei pressi dalla stazione telecabine Gondelbahn per la Forcella del Sassolungo (link al P gratuito)
Avvicinamento:
Giunti al passo Sella 2180m si sale o per mezzo della cabinovia o tramite il sentiero 525 fino al rifugio Toni Demetz 2681m situato sulla forcella del Sassolungo. Da lì si scende sul versante opposto, sempre sul 525, in direzione rif.Vicenza perdendo circa 100m di quota fino a che nei pressi di un tornante si stacca una evidente traccia a destra che punta all’altrettanto evidente Cengia dei Fassani, in piena parete SW del Sassolungo.
Foto tracciato:
Schizzo salita:
Eccellente come sempre il Bernardi di cui ho ripreso e rivisto lo schizzo e consiglio l’acquisto (link guida)
Relazione salita:
RELAZIONE (ITA)
Itinerario
via normale al Sassolungo
prima salita
2 settembre 1946 – Otto Eisenstecken, F. Rabanser e J. Sepp
al rifugio, all’inizio della cengia dei Fassani ed alla base del Canalone Basso
Dislivello avvicinamento [m]
+500m circa -100m ( -100m con seggiovia )
Dislivello itinerario [m]
700m circa
Sviluppo itinerario [m]
2 km circa
Quota partenza [m]
2138m (2681 m con cabinovia)
Quota arrivo [m]
3181m
Cartografia utilizzata
Tabacco 006 – Val di Fassa e Dolomiti Fassane. 1 a 25000
Difficoltà su roccia
II con qualche tiro di III (passi di III+)
Qualità roccia
Dal buono all’eccellente. Attenzione a non uscire dalla via.
Proteggibilità
R2
Soste
La maggior parte su chiodi o fittoni resinati.
Impegno
III
Difficoltà globale
PD+/AD classico dolomitico
Materiale
NDA, + qualche cordino
Esposizione prevalente
W, SW, N, NE
Discesa
per lo stesso itinerario
Data gita
sabato 23 luglio 2021
Tempo impiegato avvicinamento
20 min (cabinovia)
Tempo impiegato salita
5.5 h
Tempo impiegato discesa
5 h
Libro di vetta
SI
Giudizio
9
Consigliata
Si. Una classica da non mancare.
Difficoltà:
II, III, p.ssi III+ PD+ , R2 700m dislivello, 2000m sviluppo, 3 imp.
Descrizione tiri:
Dato lo sviluppo e complessità ma anche bassa difficoltà della via, la progressione potrebbe essere molto diversa a seconda della cordata. Alcuni non troveranno mai l’esigenza di legarsi, altri lo faranno fin troppo presto. Per tale motivo si è diviso la salita in 3 macro gruppi A, B, C dando indicazioni per ognuno di questi. Esplorando diversi versanti ed esposizioni le condizioni possono variare molto e rendere il tutto molto più impegnativo e delicato, informarsi bene prima di attaccare. Con condizioni ottimali, tipicamente estive e dopo periodi soleggiati la salita si può dividere in 3 fasi:
A = La Cengia dei Fassani fino alla Seconda Forcella.
Lasciato dopo pochi metri il sentiero 525 ci si abbassa di 10m su una rocciosa schiena inclinata che permette l’ingresso alla Cengia dei Fassani tramite una fenditura (1 resinato ad U, 1 p.sso III, spesso neve). Ora si percorre la larga e comoda cengia dapprima lasciando sulla destra la cascata che scende dallo Spallone (acqua potabile) poi salendo in falsopiano su roccette e detriti fino ad un grande canalone con grossi blocchi sul fondo. Qui conviene legarsi e procedere in conserva media all’esterno sulla parete su una cengia accennata, senza alzarsi troppo fino a che si perviene su un comodo ballatoio sopra il quale parte un diedro fessurato, con andamento da destra e sinistra (1 cordino). Salire il diedro o la parete immediatamente a sinistra (III) per una ventina di metri e fare sosta su un bel anello cementato che useremo poi anche in discesa per l’ultima doppia. Ora il percorso si fa meno evidente ed obbligato quindi occorre cercare la traccia migliore per salire e puntare alla prima piccola forcella, che non è quella più evidente in basso a ridosso di un gendarme, bensì è in alto preceduta da un tetro grottino. Passata questa Ia Forcella scendere alcuni metri sul versante W e seguendo alcuni ometti e bolli rossi si attacca il tratto attrezzato che, orizzontalmente, ci porta in un umido camino da passare con spaccata. Visibile un chiodo sotto ad un antro color ocra. Salire la breve verticale fessura a sinistra (III) e poi sempre per percorso da ricercare puntare alla IIa forcella preceduta da qualche passo di III (targa D. Tomaselli + 1 ch).
B = Il ghiacciaio, il Canalone Basso fino alla forcella con l’anfiteatro
Passata la seconda forcella scendere qualche metro e procedere con andamento orizzontale in piena parete N su percorso facile (qualche passo di II) ma esposto. Passati due ancoraggi resinati ad U siamo alla base di un breve strapiombino (III) sopra il quale si trova un altro ancoraggio e la discesa al ghiacciaio superstite diviene evidente. Abbassandosi di qualche metro si mette piede su quel poco che è rimasto e tagliando la sua lingua inferiore si punta alle rocce appena a sinistra, del ora evidente, Canalone Basso. Una volta si usava salire la dura neve trasformata nel canalone con i ramponi e piccozza, ora quasi tutte le cordate preferiscono mantenersi sulla sua sponda di sinistra per una variante, ormai classica, tutta rocciosa e parzialmente attrezzata (M. Bernardi e K. Unterkircher, 1999). Salire quindi per percorso non obbligato ma dettato dalla logica e qualche fittone ad U, la sponda del canalone stando quasi sempre a sinistra dello spigolo su buona roccia (passi di III, 1 p.sso III+). Giunti sotto ad una parete verticale salirla con l’aiuto di 9 pioli metallici fino a sbucare su un tratto attrezzato con fune metallica che, con andamento orizzontale, deposita sulla terrosa sella da cui ha origine il canalone stesso.
C = l’Anfiteatro, la Gola delle Guide, il Bivacco, la torre Gialla e la cima principale
Scendere qualche metro oltre la forcella del Canalone Basso fino all’Anfiteatro che è un’ampia cengia detritica che taglia orizzontalmente la soprastante parete, denominata Gola delle Guide. Percorrerla quasi completamente fino ad un grosso ometto di pietra che delimita la congiunzione con la normale dal rif. Vicenza (ormai abbandonata). Qui alzarsi sulla parete in opposta direzione (verso dx viso monte) e salire il largo canale roccioso per percorso non obbligato seguendo alcuni cordini e chiodi ma stando anche a destra dei gialli strapiombi, puntando ad un grosso masso adagiato alla torre Piramidale che a destra occlude lo sbocco (1 resinato per doppia). Doppiato il masso salire per roccette sulla parete di sinistra e stando sul bordo di destra in bella esposizione in breve si giunge alla forcella del bivacco Giuliani a 3100m. Dal retro del bivacco portarsi a ridosso della torre Gialla (o Rossa in alcune guide) e traversare qualche metro a destra per portarsi in piena parete alla base di un diedro verticale (1 p.sso III+ 1 ch, esposto). Salirlo per 25m fino alla sommità della torre (ignorare sosta intermedia su 1 ch+ fix) e quindi fare sosta su resinati (sarà la nostra prima doppia al ritorno). Ora si è sulla facile ma esposta cresta sommitale in vista della croce di legno e della cima principale, ancora ben distante. Passare in rassegna tutte le torri stando in falsopiano sul lato di sx delle stesse (versante W, NW) fino alla anticima da cui si scende qualche metro per poi portarsi sulla ultima cuspide sommitale. Ora sarete sulla cima principale a 3181m. Targa e libro di via ed una magnifica visuale a 360° su tutto l’arco alpino.
Tot: 4/5h
Discesa:
Per lo stesso itinerario di salita. Nei tratti più esposti e difficili ed a seconda della stanchezza si possono approntare delle doppie da 30m (sconsiglio più lunghe per evitare incastri). Noi ne abbiamo eseguite 5 in totale di cui solo 2 caldamente consigliate:
30m dalla cima della Torre Gialla (sosta a resinati) fino al bivacco.
30m sotto alla prima forcella (fittone resinato) fino alla cengia dei Fassani
Tot: 5h
Note:
Visto e considerato i numerosi tratti in conserva corta/media è un itinerario da affrontare in cordate affiatate. Se non lo sono lo diverranno alla fine della gita !
Arrivare in cima con la necessaria scorta di energia e lucidità mentale, siccome lì non si neppure a metà percorso.
Non ci sono tiri chiave o passaggi fuori dalle difficoltà medie. Anche questa è la bellezza delle vie classiche.
Consiglio la salita e soprattutto la discesa con scarpe da avvicinamento o scarponcini. Scarpette da arrampicata e magnesite solo peso in più.
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