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via chiusa per divieto di accesso da parte dei proprietari privati
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Castello di Pompeano 670m
Serramazzoni (MO)
Ho passato quasi tutta l’estate a vagabondare nel tempo libero per l’Appennino, a ben guardare fermandomi sulla soglia, nel ridotto dello stesso, sulle colline che morbidamente lo precedono e lo sostengono. Quei luoghi insomma che un amante delle montagne solitamente vuole passare in fretta perché, appena lasciata la piatta pianura, sanno già stuzzicare l’appetito ma non rappresentano mai un pasto completo.
Ho scoperto invece con grande sorpresa luoghi incantevoli, intrisi di storia e natura. Alcuni appena fuori dalle strade provinciali per altri invece ho dovuto quasi perdermi; tutti delle vere perle di un patrimonio culturale, paesaggistico e naturale che mi ha fatto sentire fiero di essere italiano. Era da un pò non lo provavo.
Il borgo ed il castello di Pompeano ne sono un esempio (link approfondimento).
Mi hanno donato diverse piacevoli ore, infilato in fessure od appeso su delle placche di ofiolite venate di edera e spalmate di licheni, mi sono sentito come a casa.
Nessun altro pretendente alla scalata ma solo qualche ciclista in piedi sui pedali o trattore lanciato sbuffante verso l’afoso lavoro dei campi. Tutti troppo indaffarati in cose serie per prestare attenzione a quello che succedeva sopra il bordo della strada.
Tutti tranne Giuseppe che si presenta così:
“Ohhh !!! Ma tè at pussà la salùt ! … Ten ved mia che chè a vin sò tut !”
Avevo terminato da poco il primo tiro ed ero nel bel mezzo del chiave, non senza fatica mi stavo appendendo ad un buon fix in cerca di qualche ispirazione per il prossimo e queste parole in effetti mi sono servite per stabilire un giusto riposo e pausa riflessiva:
“Ma nooo. Guardi che la roccia …
lè mei ad quel cha pìnseva! L’è miora ed tanti eter chàio vist. Mànngh sarà mia un divieto? No perchè me … a nò vìst gnìnta!”
Passata un’ora ero già al bar dei Cacciatori. Una birra ghiacciata in mano mi attenuava la sudorazione ma non appena questa scendeva pareva rimetterla in moto senza controllo, come lo era stata prima in parete.
Eppure ero ebbro di serenità e buon umore, come da tempo non percepivo. Pochi metri su una vergine parete a ridosso di una strada asfaltata mi avevano prosciugato ma anche appagato più di tante esotiche gite in montagne blasonate.
Le mani arrossate trapelavano dai sdruciti guanti in pelle, sforacchiate dai rovi estirpati. Le braccia stanche e spompate dall’estenuante tiro alla fune con l’edera della parete ovest, anche lei innamorata persa di questo Castello tanto che difficilmente si lascia allontanare da esso. La schiena quasi mi pareva non essere più in linea con il resto, protesa per ore ad indicare la direzione “del facile” e sostenuta alla bene meglio da un imbrago che mai prima d’ora si era palesato così piccolo e poco confortevole.
Poco importava, nulla era andato come mi sarei aspettato.
Bene così. Bello che tutto fosse andato in modo diverso. Che la realtà sappia ancora stupirci e coglierci impreparati.
Questa considerazione ammetto non averla fatta mia giusto un mese dopo.
Torno di prima mattina galvanizzato da una giornata che sulla carta doveva arrivare solo a 30 °C, una delle più fresche insomma di quella estate, ma giunto all’attacco noto qualcosa di nuovo.
Un bel cartello bianco scritto di pugno mi invitava a desistere dagli intenti, che la “ferrata” era su terreno privato ed il privato non era d’accordo sul mio nuovo imminente tentativo.
Ferma tutto. Contatta il proprietario. Cerca di parlarci in modo cordiale e civile esponendo quello che a te sembra una ottima motivazione: cioè forse la più bella ofiolite mai toccata, trova in lui pure un vissuto da speleologo che te lo avvicina ancor più empaticamente ma poi … nulla.
Le sue motivazioni sono buone tanto se non più delle tue: vuole nessuno si faccia male sul suo terreno, teme che un nuovo crollo investa qualche persona, addirittura auspica che il comune imbraghi parte della strapiombante parete. Chiudere tutto insomma come qualche anno prima lo era stato per l’attigua grotta ed il suo celato laghetto, anche loro sotto la sua proprietà.
Quel giorno mi sono allontanato da Pompeano da vero sconfitto, ho passato il pomeriggio perlustrando un altro sito ma la cocente battuta di arresto mi aveva privato di quasi tutta la motivazione.
Quando si è così meglio lasciar perdere, far chetare le acque e poi decidere a mente fredda.
Passa un altro mese e la motivazione che avevo perso non l’ho ritrovata, ho trovato però nella cordata una entusiasta compagna di viaggio e la sua di motivazione è stata la vera forza propulsiva per chiudere questi pochi metri di salita.
Ripassato il chiave la giornata offriva ancora tante ore luce, la temperatura era alta ma il sole doveva ancora lambirci. Sotto i soliti trattori e biciclette.
Mancava Giuseppe ma so che stavolta, oltre al rimprovero pure all’altro capo della corda, avrebbe tacitamente fatto un po’anche il tifo per noi. E’ di questo luogo e se sei di un luogo così bello, non puoi che amarlo e sentir amico pure chi lo ama come te.
Agguantiamo la condotta, i rovi e l’edera difendono stoicamente le mura. Dopo più di un’ora riesco a legare con le ultime energie un rostro ad un altro ed urlo un liberatorio: “Puoi partire!”
Una libellula rossa mi aiuta a non perdere di vista la sosta.
La via che non doveva nascere è nata con un pizzico di anarchia.
Peccato non sarà mai una “bella via”, ancora più peccato non sarà mai molto frequentata.
Avevo in mente un nome, lo cambiamo:
Condotta Anarchica, mi piace il Castello abbia ora un nuovo accesso anche se scomodo, se lo merita.
Nei secoli avrà vissuto tempi migliori ma anche peggiori. Ne avrà viste tante nelle guerre e scaramucce per il controllo del potere da parte degli uomini, alcuni grandi ma anche tanti piccoli.
Questo non sarà sicuramente l’assedio più nefasto e probabilmente neppure l’ultimo.
Apritori:
. dal basso 15 giugno + 10 agosto 2019
variante Pesce d’Aprile : dal basso 2021
Accesso:
Da N: arrivare a Serramazzoni (MO) e sulla via Giardini direzione S imboccare a DX la strada per Pompeano. Poco dopo a DX prendere la strada Roncovecchio che oltre ad essere una scorciatoia dona una bellissima veduta della Vanga del Diavolo (link) e della parete W a strapiombo sul Castello e dove si svolge la via.
Arrivati in piazza Tassoni di scende per via Borre e dopo 400m si parcheggia qui (link) in comoda piazzola sulla DX dove il sentiero scende.
Da altre direzioni: a seconda da dove si parte potrebbe essere agevole l’accesso senza arrivare in paese, direttamente da via Borre. Parcheggiare qui (link) in comoda piazzola dove il sentiero scende.
Attacco:
Risalire la strada asfaltata direzione N per 50m fino a che non si individua l’evidentissimo diedro fessura del primo tiro.
Targhetta alla base e 2 fix ne individuano il comodo e riparato pulpito di attacco.
1 min dal parcheggio.
Foto parete:
Schizzo via:
Descrizione tiri:
tiro | m | difficoltà | protezioni |
L1 | 20 | 4b,5a | S2 – 6 fix |
Partenza dal pulpito su placca a sx, breve passo in strapiombo poi su placca fino ad entrare nel caratteristico diedro fessura. Qui con bella arrampicata si sale integrando con friends o nut nella fessura e poi sui blocchi fessurati della parete di DX (facoltativi). Breve passo di aderenza a SX ben protetto e poi più facilmente alla comoda sosta su 2 fix e catena con maillon. | |
L2 | 20 | 3c, 5a, 5c, 1 p.sso 6a+ | S1- 9 fix |
Traversare orizzontalmente sulla facile cengia allungando bene i primi fix quindi esporsi e vincere la placca con arrampicata tecnica e decisa. Superare alcuni strapiombini (1 p.sso 6a+ azzerabile) alla fine dei quali si accede alla comoda cengia ascendente parallela a quella inferiore dove si sosta comodamente su 2 fix con anello. | |
L3 | 35 | 4a, 4c, | RS2 – 5 fix + 1 ch |
Si percorre la cengia ascendente con facile ma detritica arrampicata (1 ch) integrando con friends e nuts ma stando attenti alla bontà delle fessure in cui si infilano. A metà masso instabile da aggirare poi si giunge alla condotta idrica da abbracciare stando attenti ad una lama basale che muove in ingresso. Si sale la condotta proteggendosi con cordini sulla stessa e la si segue fino a che non riprende una direzione verticale mentre noi la abbandoneremo tagliando a DX. Su terreno facile ma erboso e delicato arriviamo alla sosta da allestire su 2 o 3 rostri delle mura del Castello. Libro di via. | |
L3 var. Pesce d’Aprile | 30 | 4a, 5c, 1 p.sso 6a+ | S1 – 10 fix + 1 ch |
Si percorre la cengia ascendente verso sinistra con facile ma detritica arrampicata (1 ch) integrando volendo con friends e nuts ma stando attenti alla bontà delle fessure in cui si infilano. Al terzo fix (da allungare) cambiare direzione ed andare decisamente a destra salendo su una accennata cengia che permette di arrivare sotto alla bella placca finale. Salire con arrampicata tecnica (6a+) fino al culmine quando stando sulla destra si rinvia un cordino su pianta. Traversare per percorso elementare (un fix) e pervenire alla sosta da allestire su 2 o 3 rostri delle mura del Castello. Libro di via pochi metri a N. | |
sviluppo | 75 m |
gradazione | 4c, 5c, 1.p.sso 6a+ (5c/A0 obbl.) D+ | S2 | 3L | 70m | 2 imp. |
Discesa:
- Dal libro di via o comunque dai rostri delle mura dirigersi verso S per pochi metri costeggiando le mura (attenzione esposto) e svoltando fino a trovare la prima feritoia dove si scende in direzione S su alcune balze rocciose ed erbose. Si zigzaga cercando il tracciato migliore (ometti) tenendo sempre leggermente verso sx (E). Si disarrampica un breve diedrino (II) e subito dopo si intravede bene la carrareccia su cui occorre scendere per terreno franoso. Imboccata questa si risale pochi metri fino a che è possibile scendere tra la boscaglia e poi su prato si arriva comodamente alla strada ed al P (10/15 min tot)
- discesa in doppia sconsigliata ma possibile da S1 ed S2. S2 deposita su rovi e si svolge tra friabile, tenere come ultima possibilità. Dopo conviene uscire sulle cinta murarie.
GPS:
Note:
- nel Giugno 2021 purtroppo la via ha accesso sbarrato da recinzione e cartelli di proprietà privata che prima erano assenti. Inequivocabile segno che la proprietà non vuole condividere quel po’ di roccia che a lui serve nulla ma ad altri potrebbe dare tanto e far conoscere un lembo di Appennino.
- La linea ha carattere esplorativo ma dona alcuni metri di bella arrampicata, su L1 anche su insolita ofiolite compatta e lavorata quasi come un granito. Purtroppo altre zone non hanno queste caratteristiche, soprattutto L3. Anche se si è cercato di minimizzare il pericolo tramite l’infissione di numerosi spit-fix la via rimane con un sapore alpinistico. Occorre quindi per il primo di cordata ed anche per gli altri componenti una certa sensibilità per il friabile e tatto nel tastare con oculatezza, non tirare tutto oltre misura ed allungare qua e là le protezioni.
- Durante l’apertura si è combattuto parecchio tra i rovi per guadagnarsi l’uscita, è molto probabile questi ricrescano velocemente quindi è consigliato un tronchesi al primo di cordata.
- La variante Pesce d’Aprile è nata quasi per caso durante una ripetizione e per dare continuità alla via ed evitare la zona friabile e vegetata di L3. E’ altamente consigliata per via della roccia buona, la spittatura vicina e soprattutto la logica.
- La via si svolge su 3 terreni privati (praticamente ogni tiro è su una proprietà diversa!) ed i privati non hanno dato l’autorizzazione. Chi sale e scende lo fa a proprio rischio e pericolo.
- Birra e non solo nell’ottima Antica trattoria dei Cacciatori.
Patrizia e staff sapranno dissetarvi e sfamarvi con bella vista sul Castello 0536 958141
Bibliografia:
Meteo:
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G r a z i e !
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